29/04/2016

Omosessualismo: a Torino il festival del cinema LGBT

A Torino arriva la trentunesima edizione del Festival del cinema ideato per la propaganda dell’omosessualismo.

Il cinema, infatti, è sempre stato uno dei principali strumenti di propaganda.

Ci hanno sicuramente pensato gli organizzatori del TGLFF – Torino Gay & Lesbian Film Festival, quando concepivano la rassegna cinematografica giunta alla sua trentunesima edizione.

Dal 4 al 9 maggio a Torino andrà di nuovo in scema il cinema gay, con 84 film in programma, di cui 8 in anteprima mondiale, uno in anteprima europea e 56 anteprime italiane. La maggior parte delle produzioni sono americane ed italiane, ma i film che partecipano alla rassegna sono stati prodotti anche in Paesi come Germania, Regno Unito, Canada, Francia, Iraq, Vietnam, Taiwan, Cuba, India e Tunisia.

Ma perché c’è bisogno di una rassegna di cinema gay?

Secondo gli organizzatori, i gay hanno sempre avuto un ruolo marginale oppure hanno rivestito ruoli ridicoli o altrimenti negativi, offensivi, al cinema. Quindi, con questo festival, il personaggio gay tenta di riconquistare un posto d’onore nell’immaginario collettivo.

Se si guarda al contenuto dei film, quello che si tenta di fare, è creare un nuovo modello sociale da esportare e trasmettere al pubblico: quello della personalità gay che si afferma “nonostante” il rifiuto della società e delle istituzioni come quelle “ecclesiastiche”, dando sempre per scontato, come omosessualismo comanda, che i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso siano normali, convenienti e appaganti.

Insomma, attaccando e sparando a zero sulla religione e sulle società che non ritengono normale l’omosessualità. “Liberaci dal male”, è infatti il nome di una apposita sezione che ospiterà i film in concorso che trattano del rapporto tra religione ed omosessualità. Tra questi “Fair Heaven” di Kerstin Karlhuber, in anteprima italiana, che parla di un giovane gay costretto a curare la sua omosessualità in una clinica. Poi c’è il documentario “Oriented” sulla vita dei gay a Tel Aviv, dove l’omosessualità è malvista dalle famiglie e dalla società, o “Der Verurteilte” che racconta la storia di un condannato a morte per omosessualità in Medio Oriente.

Sicuramente, poi si parlerà di diritti civili e unioni civili. L’obiettivo è sempre lo stesso infatti, fare accettare alla società il nuovo modello di “famiglia” omosessuale. Che non avrebbe nessuna differenza con quella eterosessuale. Ma perché allora, se non c’è nessuna differenza, creare un festival del cinema ad hoc?

Fonte: Adnkronos

Anastasia Filippi


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