28/04/2019

Paola Binetti in difesa di Filippo Anelli. E riscopriamo il diritto naturale...

«Surreale»: così è stato definito da Paola Binetti (Fi) il polverone sollevato dall’Associazione Luca Coscioni in reazione alla coraggiosa presa di posizione di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli Odontoiatri, contro l’eventuale legalizzazione dell’eutanasia. Anelli ha ricordato a tutti i suoi colleghi il dovere morale di rifiutarsi di praticare l’eutanasia, alla luce (anche) del codice deontologico. «Un codice», sottolinea la Binetti, «che non può essere modificato né dalla Corte costituzionale né dallo stesso Parlamento. Motivo per cui tutti i medici invocano a gran voce il diritto all’obiezione di coscienza».

Ora, l’Associazione Luca Coscioni grida allo scandalo per il fatto che – dicono – per Anelli il Codice deontologico sia superiore a una legge dello Stato, ribadendo come anche i medici, al pari di ogni altro cittadino, siano soggetti alla legge. «A sostegno della sua posizione», fa notare ancora la senatrice, «l’Associazione Luca Coscioni chiama in causa la legge sull’aborto. Precisamente quella per cui è pienamente in vigore il diritto all’obiezione di coscienza». Obiezione di coscienza che è riconosciuta non a caso – come ricordava Mario Palmaro – in quanto tradisce un “imbarazzo” del legislatore che, ben consapevole della natura intrinsecamente cattiva della legge 194, autorizza i soggetti coinvolti a non prender parte alle procedure direttamente orientate alla soppressione dei bambini concepiti.

Paola Binetti non manca di farlo presente: «Il tema che Anelli mette in evidenza una volta di più è strettamente legato al conflitto tra diritto positivo, posto dallo Stato, e diritto naturale, scritto nella coscienza di ognuno di noi, come già dai tempi di Antigone l’uomo aveva scoperto. Fin troppo noto è l’impatto devastante che esiste tra leggi giuste e leggi che tali non sono e non sono riconosciute dalla coscienza umana. Conosciamo tutti il dramma di leggi profondamente ingiuste, approvate in un determinato momento con il consenso dello Stato e rigettate subito dopo. Conosciamo perfettamente il male che ne è conseguito, per tanta, tantissima gente! La promulgazione di una legge da parte dello Stato non è sufficiente a rendere giusto ciò che propone, se giusto non è, neanche se il giudizio dovesse venire dalla stessa Corte costituzionale».

Simili dichiarazioni da parte di personalità politiche, oggi si cercano col lanternino. Auspichiamo perciò una moltiplicazione di interventi del genere da chi ha responsabilità istituzionali, per porre un freno alla rivoluzione dilagante e avviare una buona volta la controffensiva della buona politica.

Vincenzo Gubitosi

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