28/02/2016

Aborto difficile nelle Marche: preoccupate le istituzioni regionali

Nelle Marche il “diritto” all’aborto non sarebbe garantito. Pertanto il mondo femminista e le istituzioni regionali stanno cercando disperatamente di prendere provvedimenti.

L’obiezione di coscienza dei medici, infatti, anziché essere considerata un buon segno, viene vista come un ostacolo alla piena applicazione della legge 194.

E così nei giorni scorsi la Commissione Sanità della Regione Marche ha tenuto una serie di audizioni con tecnici e rappresentanti di associazioni per fare il punto della situazione. Tra le realtà interpellate, anche Federvita-Marche, Federazione Regione Marche Movimenti per la Vita – Centri Aiuto alla Vita – Case Accoglienza, il Forum delle Associazioni Familiari Marche e l’Associazione Scienza & Vita.

Il 24 febbraio si è pronunciata in merito anche la Commissione regionale pari opportunità. «A distanza di 37 anni dalla sua approvazione, la legge 194, che disciplina la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza, risulta in larga parte inapplicata», è scritto nella nota pubblicata sul sito del Consiglio Regionale. Nella seduta plenaria, la Commissione ha pure proposto di dare vita ad un “Osservatorio – Organo di vigilanza”, a cui affidare il compito di verificare costantemente la situazione sul territorio regionale.

Insomma, a fronte della grave crisi demografica che colpisce l’Italia, nelle Marche ci si preoccupa perché non è possibile uccidere bambini...

Il documento approvato dalla Commissione pari opportunità evidenzia come «il Sistema sanitario nazionale, nelle sue diverse articolazioni territoriali, si stia rivelando incapace di gestire la corretta applicazione della legge che deve trovare piena attuazione anche nelle Marche, sia nelle strutture sanitarie pubbliche sia in quelle private autorizzate». obiezione di coscienza_legge 194_aborto_Ivg

Questo soprattutto perché «la scelta di arrivare all’interruzione volontaria di gravidanza non è un percorso facile, per cui è auspicabile che possa essere effettuato in sicurezza, nell’ambito di una struttura ospedaliera conosciuta e familiare alla donna».

«L’obiezione di coscienza – si fa presente nel testo – è sì un diritto consolidato, ma è responsabilità di chi di governa che questo non si traduca nella violazione o soppressione di altri diritti di pari dignità. È doveroso che la legge 194 trovi piena attuazione nelle strutture sanitarie pubbliche ed in quelle autorizzate della Regione, attraverso azioni di promozione della salute che focalizzano l’attenzione sul raggiungimento dell’equità e mirino a ridurre le differenze nello stato di salute soprattutto per i soggetti più vulnerabili».

La Commissione interviene anche sulla necessità di valorizzare i Consultori, ridando dignità alla funzione per cui sono nati, che è quella di «informare e prevenire nel rispetto del diritto alla procreazione cosciente e responsabile». In questi anni, come riportato nel documento «i Consultori al contrario sono stati sempre più indeboliti e depauperati di risorse economiche ed umane. Basti pensare al numero in netta diminuzione delle mediatrici culturali, fondamentale sostegno per le donne straniere».

Il vero problema, però, è che i Consultori ormai sono soltanto luoghi in cui si dà il via libera all’aborto, in contrasto con quanto afferma la 194, che in questo caso è davvero male applicata. Ma di questo, ovviamente, non si parla. D’altra parte, sappiamo bene che l’unica soluzione davvero efficace perché la battaglia a favore della vita possa uscire vittoriosa è la completa abrogazione, senza alcun cedimento e compromesso, della norma approvata nel 1978.

Redazione

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