14/12/2018

Presepi censurati, parla Sgarbi contro «quei dirigenti che negano la cultura»

Come ogni anno, a ridosso del Natale, ecco ripresentarsi puntualmente le polemiche sui presepi nelle scuole. Anche quest’anno non sono mancati i dirigenti scolastici e i docenti che ne hanno vietato l’allestimento nel nome dell’integrazione e della necessità di non offendere la sensibilità degli alunni musulmani, o appartenenti a religioni non cristiane. Il tutto ovviamente con il ricorso alla solita e scontata retorica sulla “laicità della scuola pubblica”. Stavolta però, ad alimentare polemiche quasi scontate, ci si sono messi anche alcuni sacerdoti che sono arrivati, loro stessi, a chiedere ai fedeli di non fare i presepi in segno di protesta. Ma in questo caso si tratterebbe di un’iniziativa puramente ideologica, come quella ad esempio di un parroco di Padova, don Luca Favarin, impegnato sul fronte dell’accoglienza. Secondo don Favarin, e altri preti che lo hanno seguito a ruota, non sarebbe opportuno allestire il presepe perché difeso dalla Lega per scopi puramente propagandistici: Salvini, è la loro tesi, ne avrebbe fatto una bandiera ideologica, un simbolo di identità nazionale e dunque di razzismo. Tesi questa contestata dal critico d’arte e parlamentare Vittorio Sgarbi, intervistato da Pro Vita.

Anche quest’anno si sono ripresentate le polemiche sul presepe e diversamente dagli anni passati, ci si sono messi anche certi preti a sconsigliarne l’allestimento. Come commenta?

«Cominciamo con il dire che il presepe non è un atto di culto, ma culturale. Prescinde cioè dalla fede che ogni persona può vantarsi o meno di professare. È un simbolo culturale perché identifica le tradizioni della società italiana che poggia da sempre sui valori del Cristianesimo, ma è nel frattempo anche un simbolo artistico. La natività di Cristo rappresenta da secoli fonte di ispirazione per grandi artisti che ne hanno fatto delle raffigurazioni famose in tutto il mondo. Quindi negare il presepe significa negare la storia, la cultura e l’arte italiana».

Come risponde a quei preti che hanno invitato i fedeli a non fare il presepe in segno di protesta contro Salvini che ne starebbe facendo un simbolo identitario?

«Rispondo che è una follia affermare una cosa del genere. Salvini non sta facendo altro che ispirarsi a quello che è stato per oltre cinquant’anni il più importante partito della Repubblica italiana, quella Democrazia Cristiana fortemente ancorata ai valori della fede cattolica, pur non configurandosi come un partito di stampo confessionale. Salvini sta portando avanti l’idea che ha permesso alla Dc di sopravvivere a lungo, ossia quella di un grande partito cattolico di massa capace di difendere i valori della tradizione. Quindi non vedo dove sia lo scandalo».

Per questi preti impegnati nel campo dell’immigrazione, Salvini rappresenterebbe il simbolo di una destra razzista e xenofoba, incompatibile con i valori cristiani.

«Sciocchezze, si può essere d’accordo o meno con Salvini, ma questi mi sembrano tanto dei luoghi comuni. È come dire che il Vaticano con tutti i beni che possiede potrebbe benissimo sfamare tutti gli immigrati che arrivano in Italia e molti dei poveri che stanno nel mondo, vendendo i propri beni, in primis la Cappella Sistina e rinunciando a tanti privilegi. Perché poi se si ragiona per luoghi comuni, allora diventa lecito affermare di tutto».

Tornando al presepe che appello si sente di lanciare?

«Il presepe ci lega ai grandi artisti della storia che proprio nel Cristianesimo hanno trovato la loro principale fonte di ispirazione. Pensiamo a Caravaggio. Per secoli l’arte è sopravvissuta proprio grazie alla Chiesa che ha commissionato ai grandi artisti le opere sacre per abbellire le Chiese o i palazzi di papi, cardinali e nobili, o anche le piazze e le strade delle nostre città. La nascita di Cristo, la Crocifissione, l’Ultima Cena, tutto è diventato arte. Questi capolavori sono patrimonio di tutti, credenti e non credenti, perché come ho detto prima non si tratta di un fatto di culto, ma prettamente culturale. E la cultura va oltre le barriere ideologiche e religiose. Se in passato si fosse ragionato con la mentalità di oggi, molto probabilmente non avremmo avuto un Caravaggio».

E ai dirigenti scolastici che si ostinano a negare i presepi?

«Andrebbero cacciati tutti, perché rappresentano il paradosso di una scuola, luogo culturale, che nega la cultura. Mi pare che il Ministro dell’Istruzione sia intervenuto chiaramente a ribadire che il presepe è parte integrante della nostra cultura e che vietarlo è contro ogni logica. Anzi, ha specificato pure che compito della scuola è valorizzarlo. Sono pienamente d’accordo con lui».

Americo Mascarucci

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