12/08/2018

Promuovere la vita (e la “scelta”) non si può?

Questo è il concetto di diritto di scelta che hanno gli abortisti: imbrattano la pubblicità pro vita di Ora et Labora in difesa della Vita posta davanti all’ospedale di Cantù.

Si tratta di una pubblicità, che abbiamo pensato e finanziato al fine di aiutare le mamme in tentazione di aborto a scegliere per l’accoglienza della Vita del proprio bambino.
I pro-choice, “per la scelta”, per definizione dovrebbero aiutare una mamma a compiere una scelta in piena coscienza e libertà.
Ma nei fatti non è così: se le femministe ci ostacolano e ci impediscono di mostrare la realtà del concepito e la profondità del suo rapporto affettivo con la madre è perché temono che questo possa dissuaderla dal compiere l’unica opzione per loro ammissibile: quella di sopprimere il figlio.
Senza contare che nella pretesa tutela di presunti diritti della donna ignorano bellamente quelli del concepito e del padre.

Se le donne invece si rendessero conto di essere state ingannate da chi ha agitato per loro lo specchietto per allodole del “diritto di scelta” e “diritto di aborto”, avessero il coraggio portare avanti le gravidanze invece di interromperle e di pretendere dai governi politiche economiche, sociali e fiscali a sostegno della maternità, legittimate dal fatto che i figli sono una ricchezza che va a beneficio dell’intera collettività; coloro che oggi si arricchiscono armeggiando nei loro grembi, coloro che trafficano con il prezioso “materiale biologico” per ingrassare l’industria cosmetica e farmaceutica dovrebbero dire addio ai loro cospicui e facili guadagni.

Vorrei dire agli ignoti che hanno imbrattato il nostro cartellone che non esiste nulla nell’aborto a favore della donna: è invece un atto di violenza estrema sul corpo femminile perché lo ferisce in quanto ha di più sacro e profondamente identitario.

Non c’è nulla di più grave che strappare un bambino vivo dal grembo di sua madre ed una società che induce o permette ad una donna di abortire è estremamente violenta e maschilista.

Vorrei dire agli imbrattatori che se loro oggi sono al mondo è perché la loro madre non li ha abortiti e che quindi non è giusto che vogliano negare il diritto di vivere a chi dopo di loro è chiamato a venire alla luce.

Vorrei dire loro che possono oscurare un cartello ma non la verità che quel cartello rappresenta e cioè che l’aborto equivale a un bimbo morto e al perenne ferimento psichico della madre.

Faremo ripristinare la nostra pubblicità pro vita che ricorda la profondità ed esclusività del rapporto affettivo tra il figlio nel grembo e la sua mamma e che non può esistere la libertà di abortire o di non abortire, perché non può esistere la libertà di uccidere o di non uccidere.

Di fronte ad un altro essere umano, la mia libertà si ferma perché comincia la sua, e solo nell’incontro, nell’accettazione e nel rispetto delle nostre due libertà, possiamo costruire una società civile.

Giorgio Celsi

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