06/12/2018

Questionario omofobia, parla Gen. Famiglia Umbria: «Da mamma dico: felice per intervento Bussetti»

Il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti è intervenuto a stigmatizzare l’iniziativa del questionario sull’omofobia diffuso nelle scuole medie dell’Umbria con domande molte intime e personali sull’orientamento sessuale degli alunni. Iniziativa che, patrocinata dalla Giunta regionale, ha scatenato forti proteste visto che si arriverebbe a chiedere a ragazzini di tredici anni quanto si sentano omosessuali e se ritengano giusto che una coppia gay possa adottare dei bambini. Il tutto con la pretesa di contrastare fenomeni come il bullismo e il razzismo. Per i promotori del Family Day si tratta invece dell’ennesimo tentativo di imporre l’ideologia gender nelle scuole. Il ministro Bussetti ha annunciato che chiederà chiarimenti all’Ufficio scolastico regionale per sapere se i genitori sono stati realmente informati dei contenuti del questionario, trattandosi di un’iniziativa che va al di fuori dei programmi didattici. Noi di Pro Vita abbiamo raggiunto una delle responsabili di Generazione Famiglia in Umbria, Verdiana Lecca, impegnata da tempo nel contrastare la diffusione della propaganda gender nelle scuole attraverso iniziative spesso subdole ed ingannevoli come questa.

Come giudica l’annunciato intervento del ministro Bussetti?                                                             

«Sono felice che sia intervenuto il ministro Bussetti e abbia messo in chiaro quanto sia importante che le famiglie vengano coinvolte nelle decisioni della scuola, soprattutto per quanto riguarda le attività extracurriculari, e del fatto che chiederà delucidazioni all’ufficio scolastico regionale. Io continuerò insieme ad altri genitori a vigilare affinché venga rispettata la priorità educativa dei genitori».

Da mamma cosa ha provato quando ha preso visione del questionario?

«Quando sono venuta a conoscenza del questionario proposto, o meglio imposto, dalla Regione Umbria, in realtà non sono stata poi così tanto sorpresa. Ormai è da qualche anno che la nostra Regione si muove velocemente su queste tematiche. Dopo l’approvazione dell’atto 15 bis, conosciuto meglio come Legge regionale sull’omofobia, la situazione è praticamente precipitata. Questo questionario non è altro che il risultato di questa vergognosa legge e del successivo Protocollo d’intesa firmato pochi mesi fa, in attuazione appunto della stessa legge, per la quale la Regione ha stanziato 40.000 euro. Ci tengo a ricordare che in Umbria non c’è nessuna emergenza omofobia, sicuramente non da richiedere una legge, che è puramente ideologica. Quando poi ho avuto tra le mani il questionario sono rimasta sconcertata. È una vera e propria schedatura, una sorta di misurazione dell'”omofobia”, oltreché una tattica per dimostrare a tutti i costi che l’Atto 15 bis serve. Come se affermare attraverso un questionario che si è eterosessuali, che si crede esclusivamente nella famiglia naturale o che un bimbo ha bisogno di mamma e papà, equivalga a essere “omofobi”. Tra le tante domande che io definisco deliranti, si chiede agli alunni di IV liceo e di terza media che percezione hanno di sé e della propria sessualità (“ti senti prevalentemente etero, bisessuale etc.”) o se ritengono che due persone dello stesso sesso siano in grado di crescere un figlio».

I bambini come hanno reagito all’iniziativa? Si sono resi conto di ciò che veniva chiesto loro?

«Io ho dei figli un po’ in tutte le classi, tra cui la classe interessata dal questionario, la terza media. Nella classe di mia figlia il questionario non è arrivato, o non ancora. Ma io e mio marito mettiamo in guardia tutti i nostri figli, li avvisiamo che potrebbero trovarsi davanti a una cosa di questo tipo. A nostra figlia in terza media abbiamo mostrato il questionario, ne abbiamo parlato insieme. Per lei è già solo un’assurdità che le vengano fatte questo tipo di domande, e grazie alla nostra sensibilizzazione come genitori ne è consapevole. Ma è comunque in un’età in cui è ancora facilmente manipolabile, oltreché minorenne».

Perché insistere sui bambini e sui giovani? E perché scegliere proprio la scuola per veicolare certe informazioni? 

«Perché la scuola è il luogo dove i genitori non possono controllare i figli. Dove sono fisicamente soli. I bambini e i giovani sono il futuro della nostra società e quale modo migliore per “raddrizzare” una pianta se non farlo quando ancora è piccola, manipolabile, in un ambiente fuori dal controllo dei genitori? Dietro tutto questo c’è una perversa ideologia che vuole uniformare tutto e tutti al pensiero unico, che vuole creare dei piccoli mostri senza valori, senza certezze: il sesso biologico è una di queste certezze. Così come la famiglia naturale. Un bimbo o un giovane senza certezze è facile da indottrinare, non ha valori stabili, considera tutto relativo e quindi tutto possibile e accettabile. La famiglia naturale è il cardine della società e se a tutto diamo il nome di famiglia, niente sarà più veramente famiglia».

Come pensate di muovervi contro l’iniziativa?

«Abbiamo sicuramente intenzione di combattere. Intanto vorremmo ricordare alla nostra Regione Umbria che esiste il consenso informato, ora più che mai dopo la nota ministeriale di qualche settimana fa, in cui si ribadisce il diritto dei genitori a essere preventivamente informati su qualsiasi attività che esuli dalle normali attività curriculari. Vorremmo inoltre ricordare alla nostra Regione Umbria che la priorità educativa è dei genitori, non della scuola, non dello Stato, non delle associazioni Lgbt, soprattutto se si tratta di tematiche sensibili, che solo la famiglia ha il diritto di trattare in base alle proprie convinzioni. Le persone con orientamento omosessuale hanno tutto il nostro rispetto, ma non permetteremo che vengano indottrinati i nostri ragazzi, che vengano confusi in un’età critica e particolare come è l’adolescenza. Sensibilizzeremo i genitori, e già lo stiamo facendo, a vigilare con attenzione e a presentare il consenso informato».

Americo Mascarucci

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