11/11/2016

Sì alla famiglia e NO al referendum: eccovi le ragioni (5)

“Dalla decostruzione della famiglia alla disintegrazione dei corpi intermedi della società” è il titolo di una pubblicazione dell’Associazione Generazione Famiglia, a cura dell’avvocato Simone Pillon, che ci ha gentilemente concesso di condividere con i Lettori di ProVita “le ragioni per il NO al referendum costituzionale”.

Anche a questa quinta parte dobbiamo premettere una raccomandazione: per questo tipo di referendum la Costituzione non prevede alcun  quorum. E’ quindi indispensabile andare a votare. Se per ipotesi assurda si recassero alle urne solo 4 persone, sarebbero quelle 4 a decidere – a maggioranza – se la riforma Renzi passa  (votando SI’), o non passa (votando NO).

Qui i link alle parti precedenti: prima, seconda, terza, quarta.

La riforma costituzionale  Renzi – Boschi, che passerà se vince il Sì al referendum, è strettamente connessa con la riforma della legge elettorale da loro stessi fortemente voluta.

Si tratta della legge 52/2015 (c.d. “Italicum”).

Il Paese viene suddiviso in 100 collegi plurinominali che eleggono da 3 a 9 deputati ciascuno in base alla popolazione residente. Considerando che i capilista sono nominati, è agevole immaginare che su 5 o 6 deputati eletti in ogni circoscrizione, almeno 3 o 4 siano capilista di vari partiti e dunque nominati e non eletti.

Gli elettori votano il singolo partito (e non la coalizione come oggi) e possono esprimere fino a due preferenze, una maschile e una femminile. I capilista saranno automaticamente eletti senza voto di preferenza. I capilista potranno presentarsi in (massimo) 10 collegi.

Il partito che raggiunga o superi il 40% dei voti avrà diritto ad almeno 340 seggi, cioè il 55% dei deputati (maggioranza assoluta).

E’ previsto il ballottaggio qualora nessun partito raggiunga il 40% dei suffragi al primo turno

In tal caso i 340 seggi saranno assegnati al partito che uscirà vincitore dal ballottaggio.

Gli altri partiti dovranno dividersi i rimanenti 290 seggi (perdendo ogni capacità di influenzare in qualsiasi modo le scelte del parlamento, del governo).

E’ previsto uno sbarramento al 3%. Tutti i partiti che non raggiungeranno tale soglia non avranno alcun seggio.

Il Governo è delegato a individuare e definire i collegi elettorali, e si può già immaginare come sarà curata la definizione dei confini dei singoli collegi per garantire che nei collegi sia assicurata una sicura presenza elettorale del partito di maggioranza relativa.

Si deve anche tener conto che un siffatto sistema elettorale gioca sull’astensionismo, arruolando nella maggioranza proprio coloro che con il non voto manifestano la loro difficoltà verso le istituzioni.
Infatti, computando il premio di maggioranza sul numero dei voti espressi e non sul numero degli aventi diritto al voto, la percentuale degli astensionisti viene incamerata dal partito di maggioranza relativa.

Il leader di un partito che rappresenterà il 20% degli italiani avrebbe il pieno controllo del Paese.

La riforma della legge elettorale completa dunque il quadro dell’involuzione oligarchica in atto. Decostruita la famiglia con la legge sul divorzio breve e con le unioni civili, destrutturata la funzione dei corpi sociali intermedi con la sostanziale abrogazione dei meccanismi di democrazia diretta, abolita ogni funzione degli organismi territoriali provinciali e ridotto il ruolo delle comunità regionali a mera attività di esecuzione degli ordini del Governo, delegittimato il Senato e sostanzialmente espropriata la Camera di una autonoma funzione legislativa in favore del sostanziale indirizzo governativo, l’operazione tentata dal governo di Matteo Renzi viene coronata dalla nuova legge elettorale, con cui la concentrazione dei poteri viene messa nelle mani di una ristrettissima cerchia di funzionari, non scelti né eletti dai cittadini ma semplicemente cooptati dalle dinamiche politiche interne del partito di maggioranza relativa.

Già in altre occasioni i parlamenti si son resi protagonisti di scelte sostanzialmente suicide, votando per leggi elettorali che avrebbero sostanzialmente decretato la fine della democrazia.

Il caso più eclatante nel nostro Paese fu l’approvazione da parte del Parlamento della c.d. “Legge Acerbo” che – prevedendo un forte premio di maggioranza – consegnò il potere nelle mani di Benito Mussolini.

Alessandro Visani scrisse sull’importanza politica della legge Acerbo: « L’approvazione di quella legge fu – questa la tesi sostenuta da Giovanni Sabbatucci, pienamente condivisibile – un classico caso di “suicidio di un’assemblea rappresentativa”, accanto a quelli “del Reichstag che vota i pieni poteri a Hitler nel marzo del 1933 o a quello dell’Assemblea Nazionale francese che consegna il paese a Pétain nel luglio del 1940”. La riforma fornì all’esecutivo “lo strumento principe – la maggioranza parlamentare – che gli avrebbe consentito di introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta ».

La storia sembra ripetersi con l’Italicum. Mettendo a segno un discreto risultato elettorale e contando sull’astensionismo ormai diffuso, il Partito Democratico conta di impossessarsi una volta per tutte della piena e assoluta maggioranza nell’unico ramo del Parlamento ormai sopravvissuto.

In tal modo il segretario del Partito Democratico potrà controllare il potere legislativo nominando i deputati (visto che potrà scegliere i capilista eletti automaticamente in ogni circoscrizione), potrà conseguentemente controllare il potere esecutivo ottenendo il Governo, e scegliendo di fatto da solo il Capo dello Stato, e controllare infine il potere giudiziario visto che Parlamento e Presidente della Repubblica insieme nominano
2/3 della Corte Costituzionale e 2/3 del Consiglio Superiore della Magistratura.

Controllando pienamente la Camera potrà inoltre nominare il Consiglio di amministrazione della RAI e dunque collocare i suoi uomini ai vertici del servizio di informazioni pubblico.

Il capo del partito di maggioranza relativa nominerà inoltre in tal modo i vertici delle forze armate, i responsabili dei servizi segreti, i comandanti di polizia e Carabinieri.

In breve avrà il controllo assoluto del Paese.

In tal modo potranno passare in brevissimo tempo e senza alcuna efficace opposizione tutte le riforme “biopolitiche” ancora ferme in parlamento grazie alla coraggiosa opposizione di pochi, quali ad esempio, la legalizzazione dell’utero in affitto, la stepchild adoption, l’adozione gay, il divorzio immediato, l’omofobia e l’eutanasia. In cambio di questi pseudo-diritti tanto alla moda, i cittadini si vedranno sostanzialmente deprivati di ogni capacità di intervento civico e politico, svendendo la democrazia per un pugno di capricci.

Per il vero il referendum costituzionale di ottobre non ha ad oggetto la legge sull’Italicum ma solo la riforma costituzionale. E’ tuttavia sicuro che, travolta la riforma costituzionale, anche la legge elettorale dovrà esser completamente riscritta, essendo concepita per il nuovo assetto istituzionale e non prevedendo alcuna norma per il voto al Senato.

Tratto alla pubblicazione sul NO al referendum a cura dell’avv. Simone Pillon

Qui i link all’ultima parte, la   sesta.


#STOPuteroinaffitto: firma e fai firmare  qui la petizione 

contro l’inerzia delle autorità di fronte alla mercificazione delle donne e dei bambini

 

 

 

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