13/04/2019

Triptorelina, parla Silvana De Mari: «Sospendere la pubertà è un abuso sui minori»

La somministrazione della triptorelina è inutile e dannosa, nella misura in cui, oltre a provocare effetti collaterali gravissimi, pretende di curare un disagio che, nella stragrande maggioranza dei casi, si supera con la pubertà. Questa l’opinione della dottoressa Silvana De Mari, in merito alla diffusione di un farmaco che sta facendo molto discutere, specie a seguito della sua adozione da parte del Sistema Sanitario Nazionale italiano e, ancor più, dopo lo scandalo della clinica londinese in cui centinaia di adolescenti erano stati avviati alle cure ormonali e al cambio di sesso, senza un’adeguata cura preliminare. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, la nota opinionista ha spiegato cosa c’è in gioco: interessi economici ma, soprattutto, un deliberato e inquietante tentativo di snaturamento della nostra civiltà.

Perché è così dannoso l’utilizzo della triptorelina?

«Come afferma l’American College of Pediatry, sospendere la pubertà è un abuso sul minore. La “disforia di genere” è un’incapacità della mente di accettare il corpo. Non esiste alcuna situazione mentale che non possa essere soggetta a suggestione o autosuggestione. La mente nasce dal corpo, dal cervello: quest’ultimo è un organo costituito da cellule ognuna delle quali è di tipo XX o XY. Tutti nasciamo maschi o femmina, perché l’essere maschio e l’essere femmina sono funzionali alla sopravvivenza della specie, cioè alla riproduzione. I maschi possono fecondare e le femmine partorire: tutto ciò che è al di fuori di questo è biologicamente inutile e perdente.
Esistono alcune persone che non nascono propriamente maschio o femmina, esattamente come esistono persone che non nascono con quattro arti o venti dita. Ci sono persone che nascono con due teste (in realtà sono gemelli siamesi con corpo in comune) e tutto questo fa parte della malattia e della malformazione. Per curare la malattia e la malformazione è nata la “chirurgia di riassegnazione di genere”, che veniva utilizzata nei casi di malformazione per i quali non è riconoscibile il sesso di un neonato. In tutti gli altri casi la definizione di transgender o di Lgbt indica una persona assolutamente sana, con assetto anatomico, cromosomico, genetico ed endocrino perfettamente normale. Quindi stiamo parlando di corpi sani che la mente rifiuta di accettare.
La disforia di genere guarisce nel 90% dei casi, all’arrivo della pubertà, quindi bloccare la pubertà è un errore gravissimo, perché è evidente a chiunque che un uomo che voglia fare l’uomo non ha bisogno di medicinali, né di pericolosi e dolorosi interventi chirurgici, non ha bisogno di essere in terapia tutta la vita con ormoni del sesso opposto che devasteranno il suo organismo. Quindi, nel 90% dei casi, avviene la situazione più desiderabile: un bambino che vuol essere un bambino, una bambina che vuole essere una bambina. Eppure, si pretende di bloccare questa quasi certa possibilità di guarigione».

Quali sono gli effetti collaterali del blocco della pubertà?

«In primo luogo, bisogna sempre tenere conto del sistema Pnei (psico-neuro-endocrino-immunologia). Quando noi modifichiamo, ad esempio, una componente endocrina, modifichiamo tutto. Gli effetti collaterali sono cefalee, dolori ossei ma, soprattutto, la depressione. Quello che è drammatico più dell’effetto collaterale, però, è l’effetto voluto. Il blocco della pubertà implica il blocco della crescita dell’apparato osseo ma soprattutto del cervello. Secondo le ultime scoperte della neuroscienza, il cervello continua a maturare anche fino ai 20-25 anni. Sicuramente a 10-12 anni, esso è gravemente immaturo. Inoltre, nel bambino, prevale l’emisfero di destra su quello di sinistra, cioè l’emisfero emotivo su quello razionale. Il bambino non ha, cioè, il senso del reale: se dice di voler essere del sesso opposto, a questa affermazione andrebbe dato lo stesso peso che si darebbe se dicesse che vuole diventare Capitan Jack Sparrow, perché il bambino non è in grado di capire chi è e chi vuole essere. La pubertà permette la maturazione del cervello, proprio grazie agli ormoni della pubertà. Se questi ormoni non ci sono, quest’evoluzione cerebrale non ci sarà mai».

Cosa bisogna fare, dunque se un bambino dichiara di voler essere una bambina o viceversa?

«Tutto questo può essere prevenuto con due genitori che non si dilaniano troppo tra di loro e con una narrazione che spieghi loro la differenza tra maschile e femminile e che spinga ognuno dei due sessi a essere fiero di se stesso. Se però, il bambino esprime questo desiderio, bisogna aspettare che la pubertà rimetta le cose a posto e questo avverrà nel 90% dei casi. Se, però, non avviene, bisogna aspettare che il ragazzo, divenuto nel frattempo adulto, sia in grado di pagarsi le cure, cercando un sostegno psicologico che lo spinga a essere fiero del suo corpo. Se nemmeno questo avviene, potrà anche sottoporsi a un intervento minore, senza castrazione, perché ognuno di noi merita i migliori ormoni e organi sessuali che possa avere: quelli con cui è nato. Le statistiche ci informano che, chi si sottopone a intervento per cambiare sesso, moltiplica il suo rischio di suicidio, anche per effetto degli ormoni. Il blocco della pubertà, quindi, deve essere evitato, tanto più se fatto con i soldi dello Stato».

C’è interesse economico nella diffusione della triptorelina?

«Per molti versi sì. Bisogna riconoscere che un bambino maschio che voglia diventare femmina – a differenza di uno che voglia rimanere tale – è “redditizio” per alcune categorie sanitarie: chirurghi, psicologi, produttori di farmaci. Al tempo stesso, però, abbiamo avuto casi come quelli di Charlie Gard e Alfie Evans che, se curati, avrebbero “dato lavoro” a vari specialisti, eppure quei due bambini sono stati soppressi. Stesso discorso per gli anziani, i quali “danno lavoro” a ortopedici, cardiologi, angiologi, epatologi, case di cura, ecc. Eppure, in Olanda è stata avanzata una proposta di legge (al momento respinta ma c’è il rischio che tra qualche anno la approvino) per negare il finanziamento agli interventi chirurgici per pazienti al di sopra dei settant’anni. Non tutti questi cambiamenti, quindi, sono giustificabili con l’esigenza di profitto. Siamo di fronte a qualcosa di più sottile e inquietante: il tentativo di distruggere una civiltà, annientando le certezze più elementari».

Luca Marcolivio

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