28/01/2019

Aborto, eutanasia, Shoah: stesse cause e stessi effetti

«Adesso, nell’ambito della soluzione finale, gli ebrei dovrebbero essere utilizzati in impieghi lavorativi a est, nei modi più opportuni e con una direzione adeguata. In grandi squadre di lavoro, con separazione dei sessi, gli ebrei in grado di lavorare verranno portati in questi territori per la costruzione di strade, e non vi è dubbio che una gran parte verrà a mancare per decremento naturale».

Con queste terribili parole, che leggiamo nel verbale della conferenza di Wannsee (Berlino, 20 gennaio 1942), ricordiamo a seguito della Giornata della Memoria della Shoah, l’atroce genocidio subito dagli ebrei al termine del secondo conflitto mondiale, cui si aggiunse quello dei tanti altri eliminati dalla barbarie nazista.

Gli esseri umani venivano presi in considerazione unicamente in base alla loro produttività, che dovevano esercitare fino al suo completo esaurirsi. Nulla si dice degli ebrei non in grado di lavorare, ma l’agghiacciante espressione “soluzione finale” rende bene quanto la Storia ci insegna essere accaduto nei campi di sterminio.

Anche oggi, proprio mentre facciamo memoria di questi tragici eventi, vi sono delle categorie di esseri umani che non vengono considerati persone e il cui diritto alla vita è calpestato. Bimbi non nati, ancora nel grembo materno, affatto in grado di esprimersi, la cui vita spesso non è ritenuta degna di essere vissuta. Solo in Italia, dall’approvazione della legge 194, la Shoah si è perpetrata in quei più di sei milioni di bambini che sono stati uccisi perché malati, malformati o semplicemente non voluti. Insieme a loro, sei milioni di donne sono state ingannate da una propaganda che ha promesso loro una falsa libertà ma che poi non ha fatto altro che renderle madri di un figlio morto.

Sempre più anziani, malati, sofferenti, lasciati soli dalla società, vengono fatti sentire un peso per chi sta loro intorno e si sentono “obbligati” a togliersi di mezzo, richiedendo l’eutanasia. E a tanti di loro, questa viene praticata senza consenso, anche solo per depressione.

La Shoah si ripete in ciascun uomo che non viene più trattato come persona e la conseguenza è sempre quella: un olocausto. L’industria della morte ogni giorno miete migliaia di vittime, mentre la maggior parte sta a guardare, assuefatta dal costante prevalere della legge del più forte.

E noi, che facciamo memoria della Shoah, tacciamo di fronte al suo continuo perpetrarsi o coraggiosamente ci schieriamo in difesa dei più deboli?

Luca Scalise

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