26/04/2017

Aborto, vita e morte: un commento e una risposta

La signora o signorina Giulia R. ha scritto un commento ad un articolo  sull’aborto di qualche giorno fa, a cui vogliamo dare una risposta articolata e puntuale.

Chi volesse leggere le osservazioni di Giulia per intero, può vedere sotto l’articolo in questione, cliccando qua. Qui estrapoliamo le questioni essenziali sulle quali indulgeremo nella riflessione.

1 – La Giulia dice che sbagliamo a credere che “chiamare l’aborto I.V.G  sia una mossa furbesca, per sentirsi la coscienza a posto”.

Forse la Giulia non conosce il romanzo 1984, di Orwell; forse non conosce i progressi dell’ingegneria sociale attraverso il linguaggio, la neolingua orwelliana, appunto. Una trattazione completa qui non è possibile, per ovvi motivi di spazio. Possiamo invitare la Lettrice a documentarsi da sola, oppure, se vuole, a leggere per esempio qui, o magari qui: se scrive alla Redazione forse hanno ancora una copia della nostra rivista (il numero di febbraio 2016) dedicata, appunto alla neolingua , da inviarle...  Dovrà comunque riconoscere che – oggettivamente – dire “interruzione volontaria di gravidanza” suona molto più rasserenante di “aborto” e IVG suona addirittura in modo neutro, perfettamente asettico: davvero non viene in mente che ci sia di mezzo la vita o la morte di un innocente indifeso.

2 – Scrive la lettrice: «Mi suona tanto scorretto anche porre il tema a livello “pro vita” – “contro vita”. Come se chi abortisse, o fosse a favore dell’aborto, fosse un tifoso della morte».

Magie della neolingua. I promotori dell’aborto non sopportano d’esser chiamati “pro morte” o “contro la vita”. Quindi la neolingua ha coniato per loro, in ambienti anglofoni,  l’espressione “pro choice“, per la scelta. Così si svia la mente dal problema essenziale (la vita o la morte di un ragazzino) e si rievocano “diritti”, “libertà” ecc.

Sembra che con la Giulia la trappola abbia funzionato!

Ma i fatti – la cruda e nuda realtà –  smentiscono le espressioni della neolingua. Certamente lo scopo della neolingua è quello di accecare di fronte alla verità, di plasmare le menti affinché percepiscano una deformazione della realtà  e non siano più in grado di chiamare le cose (in questo caso la morte procurata di un bambino) col loro nome. E così, per esempio, a guardare i fatti, i sedicenti “pro choice”, anche in Italia,  non sopportano che la donna scelga, quando sceglie di non abortire... perché vietano ai Centri di Aiuto alla Vita di operare nei Consultori?

3 – Ancora Giulia: «Scrivete “attacco alla vita”?! Quale sarebbe la ratio di questo attacco?» e insiste a chiederci se sappiamo quale sia la ratio della legge 194, quella che ha legalizzato l’aborto nel ’78.

Ratio, se non ricordiamo male, vuol dire ragione. La ratio di una legge, in particolare, indica l’intezione del legislatore (art.12 disp.prel.cc.), cioè il perché la norma è stata emanata e perché sussiste. Ebbene, per spiegare il perché dell’attacco alla vita, potremmo dire: per l’egoismo, la superbia e la cattiveria che si impossessano degli esseri umani.

Lasciamo spiegare a un grande pensatore del secolo scorso (chi non indovina chi è, chieda a Google, lo si trova subito): «Rivendicare il diritto all’aborto, all’infanticidio, all’eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà»; e quindi «Nell’odierno contesto sociale, segnato da una drammatica lotta tra la “cultura della vita” e la “cultura della morte”, occorre far maturare un forte senso critico, capace di discernere i veri valori e le autentiche esigenze».

Quanto alla 194, checché se ne dica, comunque la si interpreti in teoria, in pratica conta quella che i giuristi chiamano l’effettività della norma: si usa – e si abusa – della 194 per togliere di mezzo bambini indesiderati. Non solo quando sono imperfetti, ma semplicemente quando danno fastidio ai suddetti egoismi. L’aborto è spesso usato come contraccettivo. L’aborto, molto molto spesso, non è affatto frutto della libera scelta della madre: ma essa è costretta da circostanze o da persone... Basta chiedere ai volontari dei CAV o di altre strutture come l’Associazione Papa Giovanni XXIII per averne la conferma.

4 – Infine Giulia conclude dicendo che una riflessione intelligente «trascende idiozie tipo Viva il Bene e Abbasso il Male».

A questo proposito ci chiediamo come possa l’intelligenza umana trascendere concetti esistenziali e morali fondamentali come il bene (la vita) e il male (la morte). Una risposta la diede a suo tempo Friedrich Nietzsche (nella foto, il ritratto dipinto da Edvard Munch, nel 1906), invitando il superuomo a vivere al di là del bene e del male, oltrepassando la propria natura umana. Il superuomo è “volontà di potenza”, cioè l’affermazione della mera volontà di dominio sull’altro, la subordinazione della morale alla vita e all’azione: volontà assoluta che non incontra alcun limite (a cominciare da Dio, che “è morto”), non accetta alcun divieto, ama se stesso, pienamente, perché esiste sopra tutto e tutti, qui ed ora.

Ma il superuomo nietzschiano, che “uccide” Dio e vive “al di là del bene e del male”, finisce per soccombere per la mancanza di senso e di frantumare il suo “io” nel nulla, nel nichilismo.

Potrà convenire, la nostra Lettrice, che questa fine a molti può non piacere. C’è chi orgogliosamente e razionalmente (e intelligentemente) cerca di perseguire il Bene e di evitare il male (perché, come dicono i filosofi più saggi del mondo, quelli che hanno “scritto”i proverbi popolari, “il male fa male a chi lo fa“).

Uccidere le persone è male. Uccidere le persone innocenti e indifese è peggio. L’aborto, quindi, è il peggiore dei mali. Senza alcuna possibile eccezione.

Razionalmente.

Oggettivamente.

Francesca Romana Poleggi


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