04/02/2017

Eutanasia – Brandi interviene a Radio Padania

Ieri Toni Brandi ha parlato di eutanasia a Radio Padania.

Ospite della trasmissione “Il punto politico“, condotta da Pierluigi Pellegrin, il presidente di ProVita ha messo in guardia dal disegno di legge sulle DAT (Dichiarazioni Anticipate di Trattamento) che inizierà ad essere discusso alla Camera il prossimo 20 febbraio.

Come ha ricordato Brandi, in realtà l’approvazione del progetto significherebbe la piena legalizzazione dell’eutanasia in Italia, nonostante questa parola non venga mai citata.

Per il momento, anche grazie al lavoro dei deputati leghisti Massimiliano Fedriga e Alessandro Pagano, si è ottenuto lo slittamento dell’esame del ddl, che inizialmente era previsto per lo scorso 30 gennaio. Ma la battaglia è in pieno corso.

Proprio per questo ProVita ha lanciato una grande raccolta firme: è necessario sensibilizzare e informare l’opinione pubblica, smascherando le menzogne usate da quanti vorrebbero ammazzare ammalati e disabili impunemente, in nome di una falsa compassione e mettendo in atto ogni sforzo per impedire che una legge così nefasta venga approvata.

Brandi ha sottolineato che dietro l’eutanasia vi sono un grande business ed una mentalità eugenetica, la stessa che, a partire dal mondo anglosassone di fine Ottocento-inizi Novecento – basti pensare a Margaret Sanger, fondatrice di Planned Parenthood – è passata per la Germania nazista ed è giunta fino a noi, in maniera subdola. La società attuale infatti induce tutti a ritenere che la vita sia degna di essere vissuta solo se si hanno a disposizione salute, soldi, successo e sesso.

Più che sull’eutanasia, però, lo Stato dovrebbe utilizzare le risorse per incentivare e perfezionare tutto il settore delle cure palliative, che già negli ultimi anni hanno fatto passi da gigante. Se infatti è vero che da sani, di fronte all’alternativa “morire o soffrire a lungo” è naturale scegliere di morire, in condizioni di malattia questo non è affatto scontato. Anche perché l’esperienza dimostra che i pazienti accuditi da familiari ed amici e che ricorrono alla medicina palliativa, non chiedono di morire, bensì di vivere.

Cosa accadrebbe invece se, una volta firmate le DAT, il malato cambiasse idea ma non avesse più la possibilità di tornare indietro? Sarebbero altri a decidere per lui? In base a quale criterio? E in tutto questo i medici sarebbero comunque costretti a uccidere?

 È possibile ascoltare l’intervista qui sotto a partire dal min. 01:10:25 al min. 01:23:55

Redazione


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