02/05/2017

Eutanasia: non è vero che serve per non soffrire

Il Medical Journal of Australia ha appena pubblicato un articolo sull’eutanasia e il suicidio assistito di uno dei bioeticisti più noti d’America, Ezekiel Emanuel.

Va premesso e precisato che Emanuel non è un conservatore:  le sue credenziali di “liberal”, molto vicino all’amministrazione Obama, sono impeccabili (potete vederne qualcosa qui). Tuttavia, Emanuel, sulla base di dati oggettivi e ufficiali, fa notare che la legalizzazione dell’eutanasia non serve a risolvere i problemi di chi soffre.

Chi soffre nel fisico raramente chiede l’eutanasia

La propaganda ha indotto la pubblica opinione a ritenere che l’eutanasia sia la soluzione al dolore e alla sofferenza insopportabili, anche per questioni “esistenziali” e non cliniche.

Il dolore non è la ragione per cui la gente cerca l’eutanasia. I dati mostrano che i pazienti che chiedono (o ricevono, anche senza esplicita richiesta!) l’eutanasia raramente sono in uno stato di sofferenza e di dolore acuto; d’altro canto tra i pazienti che soffrono per dolori fisici rilevanti, sono una piccolissima minoranza quelli che chiedono l’eutanasia.

Questi dati sono stati confermati in più circostanze: per esempio, in Oregon, in Olanda e in Australia. In altri luoghi, come in Belgio, nei certificati di morte non ci sono dati con cui poter aggiustare queste statistiche.

Ciò che induce i pazienti a richiedere l’eutanasia è la depressione, la disperazione, l’essere “stanchi della vita”: ragioni psicologiche,  non dolore fisico. E i problemi psicologici si risolverebbero con antidepressivi e idonee terapie. Eppure raramente le norme che hanno legalizzato l’eutanasia prevedono la consulenza e l’intervento di uno psichiatra...

Anche in Belgio, dove è necessario consultare un medico indipendente prima di uccidere il paziente con l’eutanasia, se non è malato terminale, raramente tale medico è uno psichiatra.

L’eutanasia non è una “bella morte”

Il marketing e la propaganda, poi, ci fanno credere che l’eutanasia sia una “bella morte”, rapida e indolore. Exit International e Philip Nitschke commercializzano prodotti e kit per l’eutanasia con nomi tipo “pillola che dà la pace”. Emanuel sottolinea che tutto ciò è falso: come ogni intervento medico, infatti, si verificano problemi e complicazioni.

I dati, per esempio, in Olanda, nel 2000:  nel 30% circa dei casi di eutanasia  la morte non è stata né rapida né indolore.

Emanuel conclude che i media devono finirla di focalizzarsi in modo frenetico sull’eutanasia come se fosse la panacea per migliorare le cure alla fine della vita umana. Le risorse della società si dovrebbero concentrare sul miglioramento delle cure, dell’assistenza e della palliazione.

Redazione

Fonte: National Right to Life


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