03/03/2017

Eutanasia: nuovo olocausto e grande profitto

Ha riscosso grande successo il convegnoEutanasia. Nuovo olocausto” che si è svolto ieri, giovedì 2 marzo presso la Casa Bonus Pastor, a Roma.

L’incontro, cui anche ProVita ha partecipato, ha voluto fare un po’ di chiarezza attorno al tema del fine vita, che in queste settimane è al centro del dibattito politico e culturale nel nostro Paese.

Quello dell’eutanasia è infatti un argomento spesso manipolato dai mass media a favore di quei “cultori della morte” che ad esempio si vantano di portare i malati in Svizzera per farli ammazzare o suicidare. E in questo clima il Parlamento si appresta a legiferare...

Nel suo intervento, don Stefano Tardani, del Movimento dell’Amore Familiare, ha sottolineato che nella battaglia sul fine vita stiamo assistendo ad uno scontro tra umanità e disumanità. Il sacerdote ha voluto precisare che “una cosa è procurare direttamente la morte, altra è lasciare che avvenga, non poter far nulla per evitarla, accompagnare il paziente con le cure palliative, anche se ciò indirettamente accelera la morte“. Morire, oltretutto, non è mai un diritto e non è un fatto privato. La paura della morte e della sofferenza, poi, si cura con l’amore. Ora, se venisse approvata una legge sull’eutanasia, “chi si dedicherebbe alla cura dell’altro, dal momento che è possibile eliminarlo? E quale futuro si prospetterebbe per l’umanità?“. Don Tardani ha quindi affermato che l’eutanasia è una forma di falsa pietà, tanto più perversa se compiuta dai parenti del malato, che invece dovrebbero offrire sostegno. Pertanto, “le leggi che avallano aborto e eutanasia  – ha concluso – non hanno vera validità giuridica“.

Toni Brandi, presidente di ProVita onlus, si è concentrato sul disegno di legge sulle DAT, che sta per approdare nell’aula della Camera e che considera nutrizione e idratazione come trattamenti sanitari e non come cure di base. “Esiste un diritto di morire?“, si è chiesto Brandi, rispondendo subito col ricordare che “uccidersi è contro natura“. Non c’è infatti autodeterminazione che tenga: questa infatti viene invocata “solo per disabili, vecchi, nascituri, malati: in realtà si tratta di eugenetica!“, ha continuato. Brandi ha poi attaccato la stampa, che stravolge o nasconde i fatti. Non dice ad esempio che il desiderio di morire nasce soprattutto dalla depressione, dal non voler essere di peso agli altri, come dimostrano diversi studi. Non dice che un familiare su quattro di un paziente eutanasizzato ricorre alla terapia. Non dice che “dietro l’eutanasia c’è profitto, razzismo, volontà di volersi sbarazzare di chi non produce“. E non racconta nemmeno che negli Stati Uniti solo cinque stati su cinquanta ammettono l’eutanasia.

Mauro Rotunno, co-fondatore dell’associazione “Non si tocca la famiglia“, ha voluto raccontare cosa sta accadendo in quei Paesi dove l’eutanasia (che in Italia si vuol far passare sotto l’asettico acronimo di DAT) è legale da diversi anni. I cosiddetti paletti posti e invocati per impedire abusi non vengono affatto rispettati. In Olanda anche i pazienti dementi che si trovano in stato d’ansia possono essere eutanasizzati. Per non parlare poi dei bambini... In California è addirittura successo che a una donna, malata terminale, è stata negata la copertura per la chemioterapia da parte delle assicurazioni, che con una lettera le hanno piuttosto consigliato di prendere un veleno a basso costo per uccidersi. E questo nel momento in cui è stata varata la legge sull’eutanasia.

Toccante è stata la testimonianza di Roberto Panella. Dopo un grave incidente nel luglio 2007, i medici lo avevano dato per spacciato e dissero alla mamma che non c’era più nulla da fare. La mamma però faceva ascoltare al figlio la sua musica preferita, malgrado il disprezzo del personale sanitario. Ma ebbe ragione. Roberto infatti ha cominciato a dare segni di vita: ora sta bene, è vivo ed è felice di esserlo, nonostante non sia più come prima. Con una legge sull’eutanasia molto probabilmente oggi non potrebbe raccontare la sua storia...

Redazione



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