02/06/2017

La Buona Notizia #701 – Gianna Jessen: una testimonianza da Pisa

Come buona notizia di oggi rilanciamo la testimonianza di una nostra sostenitrice presente all’incontro con Gianna Jessen a Pisa, lo scorso martedì 23 maggio. L’articolo è stato pubblicato  sul settimanale Toscana Oggi del 4 giugno, nella sezione della diocesi di Pisa (Vita Nova).

È un forza della natura Gianna Jessen, la giovane donna americana sopravvissuta all’aborto, in giro per l’Italia per dare testimonianza della sua storia.
Lo scorso martedì sera [23 maggio ndr.] era al polo universitario Carmignani, dove ha incontrato oltre trecento persone – tra cui moltissimi giovani.
Il suo racconto è stato preceduto dal preziosissimo intervento della dottoressa Laura Guerrini (neonatologa dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa) che, dopo aver brevemente illustrato i progressi della medicina in termini di sopravvivenza neonatale, ha offerto una bellissima riflessione sul limite e il senso della vita e sul come se una malattia possa al limite essere considerata “inguaribile” ma non possa mai essere definita “incurabile”, perché il prendersi cura dell’altro fa parte della professione medica e del sapere farsi prossimi.

Io sono viva grazie al potere di Gesù Cristo – ha esordito Gianna -. Non mi vergogno di essere cristiana. Gesù non è popolare, specialmente quando si tratta di parlare di Lui in uno spazio pubblico. La classe intellettuale non lo trova sofisticato. Se non sono considerata sofisticata, va bene. Preferisco scegliere la saggezza. Non vedo perché dovrei raccontare una storia miracolosa e poi vergognarmi del Dio che ha compiuto il miracolo”.

All’età gestazionale di ventinove settimane (circa sette mesi) la madre di Gianna, una ragazza di diciassette anni, si sottopose ad interruzione di gravidanza con una procedura di aborto chimica: un’iniezione di soluzione salina corrode il bambino che viene poi espulso dal corpo della madre entro ventiquattro ore. Miracolosamente Gianna non era morta e venne alla luce. Un frugoletto di circa un chilo di peso.
“Erano le sei di mattina e il medico abortista di Planned Parenthood non c’era ancora. Così l’infermiera chiamò l’ambulanza. Ho un debito di gratitudine per l’infermiera!”. Era solo l’inizio di una grande avventura. “Quando pesavo due chili dicevano che sarei morta. Persino allora dicevano che quella bambina piccola aveva un incredibile desiderio di vivere. Fui poi trasferita ad una struttura affidataria. Dopo un periodo non facile, fui nuovamente trasferita, questa volta presso una persona bellissima, Penny. Avevo 17 mesi e mi era stata diagnosticata una paralisi cerebrale, causata dalla mancanza di ossigeno al cervello durante la procedura dell’aborto”.

“Le femministe radicali dicono che l’aborto riguarda i diritti delle donne. Ma se conta solo questo, dove erano i miei diritti? Perché i diritti delle donne valgono solo se abortiste?”. Continua la Jessen: “E se il figlio è disabile?”. “Questo argomento si sente spesso a proposito dell’aborto. Ma è la più alta manifestazione di arroganza. Chi sei tu, persona sana, che si permette di giudicare? Come puoi tu decidere della mia qualità della vita? Che ne sai, che sono infinitamente più felice di chi ha tutte le capacità umane? Trovo anche interessante il fatto che non sarei disabile se non fossi stata sottoposta ad aborto”.

“Comunque – prosegue Gianna – considero la paralisi un grande dono. Ho avuto problemi neurologici, specie negli ultimi anni, con grandi difficoltà di equilibrio. Sembra sia un effetto diretto del trauma al cervello durante la nascita. Cammino zoppicando, ma in USA vivo una vita normale, guido la macchina. Per camminare ho bisogno di tenermi al braccio di qualcuno, perché è come se il mio cervello mi dicesse “fermati”. Non so se si può guarire. Ma non mi arrenderò mai. Non mi importa se dovrò zoppicare fino in cielo. È un grande onore zoppicare fino in paradiso appoggiandomi al braccio forte di Gesù. Voi siete capaci di alzarvi e camminare liberamente? Allora fatemi un favore, non lamentatevi. Il senso dell’equilibrio ha così tanti effetti. Vi è stato dato un grande dono, riconoscetelo! Grazie Gesù! Non è popolare parlare di Gesù. Ma se la gente non riesce a capire perché sei felice nonostante abbia sempre bisogno del braccio di qualcuno, questo significa che vogliono sentire parlare di Gesù. Se devo attraversare tutto questo, affinché una sola persona debba conoscere Gesù, rifaccio tutto dall’inizio. È un onore”. “Quando mi diagnosticarono la paralisi, dissero alla cara Penny che sarei rimasta paralizzata tutta la vita. Ma sottovalutavano il potere di una donna buona. E a Dio niente è impossibile. Penny pregava per me e mi faceva fare fisioterapia tre volte al giorno. Cominciai a tenere su il collo sulla testa. “Farà solo quello”, dicevano. Poi cominciai a gattonare, poi a camminare. Dieci anni fa, ho corso due maratone. Non sono un’atleta ma non è questo il punto, il punto è completarle. Domani vorrei salire sulla Torre di Pisa”.

Come testimone oculare, posso riferire che non c’è niente che possa scoraggiare Gianna. La sua tenacia e il suo entusiasmo sono contagiosi. Così, all’indomani di questo incontro, è salita sulla torre pendente: duecentocinquantadue gradini, fino all’ultimo anello.

“Venni adottata dalla figlia della madre affidataria-continua Gianna nel racconto- così, molto inusualmente, Penny diventò mia nonna. Ma rimasi legata a lei come madre. Credo che Dio sapeva che il mio spirito si sarebbe infranto se mi fossi staccata da Penny. Per il resto, la mia adozione è stata una sfida. Già da bambina ero incompresa. Non veniva apprezzata la mia forte volontà. Era considerata sfidante. Ma ero abbastanza dolce, se posso dirlo di me stessa. Ci vuole una volontà forte per sopravvivere ad un aborto, imparare a camminare e re-imparare, dopo un’operazione alla spina dorsale a dieci anni, viaggiare, raccontare questa storia, parlare di Gesù. Se avete un bambino con una volontà forte, non rimproveratelo, ma educatelo. Di fronte ad una forte pressione, gran parte delle persone scappano, chi ha volontà forte resiste”.

Così, Gianna arriva a parlare della sua mamma biologica, quella ragazzina che tentò di abortirla “Mi chiedono sempre: “Hai mai incontrato tua madre? È stato un incontro commovente, come in un film? Stavo nel mezzo di un evento come questo. Mentre salutavo tutti, una donna si avvicinò, senza preavviso. “Ciao, sono tua madre”, disse. Immediatamente iniziai a pregare tra me. “Aiutami Gesù!”. Sentivo come se l’universo mi stesse cadendo addosso.  Ma sapevo che la mia battaglia non è contro di lei, come so che la mia battaglia non è contro una donna che ha avuto uno o più aborti, o contro un uomo che ha pagato per un aborto.  Se volete essere liberi da un aborto fatto, pregate Gesù. Lui è morto sulla croce anche per quell’aborto.  Perché non accettare questa possibilità di misericordia? Se avete avuto un aborto, non interpretate la mia voce come una condanna. Sarebbe una voce sbagliata.  Dovete invece ascoltarla come voce della grazia, che è Gesù. Tornando all’incontro con mia madre, le risposi: “Sono cristiana e ti perdono”. “Non voglio il tuo perdono”, replicò la madre, aggiungendo: “Sei una disgrazia per la mia famiglia” e iniziò a parlar male di mio padre, adirata.  In quel momento, Dio mi disse che cosa fare. “Sono cristiana e ti perdono, ma non ti permetterò di parlarmi oltre in quel modo”, dissi. Me ne alzai e andai via. Perché vi racconto questo? Perché non possiamo essere definiti dalla nostra origine. Forse avete avuto una vita difficile. Ma non siete obbligati a essere vittime. Il vittimismo porta ad una prigione interiore.  Tu puoi essere il primo della tua famiglia a fare qualcosa. È Gesù che mi definisce. Sta a voi scegliere, oggi, se volete vivere come vittime o nella vittoria».

Poi Gianna si è rivolta agli uomini presenti in sala: “Chiedo scusa a tutti gli uomini da parte delle femministe, che vi dipingono come cattivi solo perché uomini. Certo, siamo uguali in valore e dignità, ma anche differenti. Questo è ovvio, ma, per qualche motivo, oggi bisogna parlare anche di cose ovvie, perché non tutti le percepiscono. Ci sono tante donne che hanno piacere a essere donne.  Credo che il fatto di non permettere alle donne di essere tali e agli uomini di essere tali abbia creato molti problemi. Non mi dà fastidio se un uomo mi aiuta in quanto donna. Le donne sono fatte per essere adorate. Alcune delle donne più arrabbiate che ho incontrato sono semplicemente arrabbiate con un solo uomo, che non ha avuto cura di lei, tipicamente il padre. Perché era passivo o non coraggioso o violento o negligente o rimaneva in silenzio quando non doveva. Per questo, hanno voluto punire gli uomini”.  “Uomini, voi siete fatti per essere coraggiosi non passivi. Siete fatti per difendere donne e bambini, non per usarci e abbandonarci. Potreste considerare di sposare una donna prima di andare a letto con lei. Io non voglio essere usata e dimenticata. Voglio un uomo d’onore. È possibile guardare le donne con un cuore puro.  Forse siete stati promiscui o dipendenti dalla pornografia.  Ma se non volete essere questo tipo di uomo, chiedetelo a Gesù.  Parlategli di tutto questo, ditegli che non riuscite a essere l’uomo che vorreste. Chiedetegli un cuore puro e una mente pura. Ve li darà. C’è molto più potere nella purezza che nell’impurezza”.

Alla fine del suo intervento, il pubblico entusiasta ha salutato Gianna con una standing ovation. La serata si è conclusa con una sorpresa: Gianna ha cantato due canzoni e la sua voce ha letteralmente conquistato tutti i presenti. Gianna è infine rimasta a lungo a disposizione per rispondere alle domande del pubblico e ad ascoltare (in privato) storie di vita vissuta.

Monica Redini


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