16/01/2018

La Buona Notizia #836 – Una gravidanza “impossibile”

Lasciamo la parola a una mamma americana, Amanda Solomon, che racconta attraverso quali peripezie la Buona Notizia di una gravidanza “impossibile” le ha allietato la vita.

«Quando ho scoperto di essere incinta del nostro quarto figlio avevo 38 anni  e tre bambini di 9, 16 e 19 anni. All’età di 24 anni ero sopravvissuta al cancro , avendo sconfitto un linfoma non-Hodgkins. Quindi era già un miracolo aver avuto il secondo e terzo bambino. Mi avevano detto che probabilmente non avrei più potuto concepire.

Ho anche subito una procedura chiamata ablazione endometriale che comporta la bruciatura del rivestimento interno dell’utero. Non avevo più il ciclo mestruale e il mio medico mi aveva detto che un’ulteriore gravidanza sarebbe stata  impossibile.

Potete capire il mio shock quando ho scoperto di essere incinta di cinque settimane. Dopo pochi giorni dalla notizia che comunque avevo accolto con gioia, ho iniziato a sanguinare pesantemente e sono andata al pronto soccorso dove mi hanno detto che avevo perduto il bambino. Ero triste, ma preparata, vista tutta la mia storia precedente. Sei settimane dopo, però, mi sentivo strana e decisi di fare un altro test di gravidanza per vedere se avevo problemi di HCG residui. Risultavo ancora incinta e di 12 settimane.  Il medico non mi ha creduto. Sono andata a fare un’ecografia da un’altra parte ed era lì, il mio bambino che sgambettava! E’ stato un sollievo dolcissimo:  apparentemente, avevo abortito un gemello.

Andai allora dalla mia ginecologa, che però mi disse  che dovevo abortire: era una gravidanza impossibile da portare avanti, nelle mie condizioni. Questo bambino poteva uccidermi. Ho fatto un respiro profondo e le ho detto che non avrei mai ucciso quel piccoletto. Lei disse che capiva ma che non poteva più essere il mio medico.

Per fortuna poi ho trovato uno specialista che mi ha sostenuto e mi ha seguito, visitandomi ogni due settimane.  A 22 settimane mi è stata diagnosticata la placenta previa, a 26 settimane, ho avuto un’enorme emorragia.

Pensavo di dover morire con la mia bambina. E invece no. Ma mi dovevo preparare a un parto molto prematuro. I medici erano cautamente ottimisti sul fatto che avrei potuto arrivare fino a 33 settimane di gravidanza. Ma era un dolore enorme restare in ospedale tutto quel tempo lontano dai miei bambini... Intanto i medici sospettavano che avessi anche placenta accreta, oltre che previa: non solo ostruiva la cervice, ma era anche troppo profondamente radicata nell’utero.

Il giorno del parto, infatti, hanno scoperto che la placenta era addirittura percreta: era cresciuta attraverso l’utero invadendo la vescica e le arterie.

Stavo morendo dissanguata durante il parto. Non riuscivano a fermare l’emorragia e non capivano da dove originasse.

Sadie, però, è nata quel giorno e pesava circa 2,5 kg. Anche lei, come me, in terapia intensiva. L’ho vista solo in foto per qualche momento e poi mi hanno addormentato.

Sono stata di nuovo operata alle arterie che erano state danneggiate e sono sopravvissuta: ce l’avrei fatta a vedere mia figlia. Incontrare Sadie sarà sempre uno dei miei ricordi preferiti. Una travolgente gioia, mista a sollievo e orgoglio.

Sarebbe stato molto più facile avere un aborto.

Ma con l’aiuto di Dio ho combattuto per Sadie. Ora ha nove mesi e tutti quelli che incontrano parlano della sua deliziosa personalità. So che Dio ha un piano per lei come per ciascuno di noi e prego che nel leggere questa storia qualche altro bambino abbia l’opportunità di nascere. Già questo sarebbe sufficiente, per me: posso dire che è valsa la pena ...»

Redazione (traduzione con adattamenti, non rivista dall’Autrice)

Fonte: Live Action


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