06/05/2018

«La forza della vita ti trascinerà con sé» (video)

Erano gli ultimi momenti prima del probabile distacco del ventilatore di Alfie. Mentre rientravo da lavoro mi è capitato di ascoltare per intero una canzone di cui forse noi tutti abbiamo sentito o canticchiato il ritornello: «Quando toccherai il fondo con le dita a un tratto sentirai la forza della vita che ti trascinerà con sé…». Poche incoraggianti parole incastonate in una musica dolce e vigorosa al tempo stesso.

Ma presi dal ricordo di queste poche parole rischieremmo di tralasciarne il senso complessivo. In questa canzone, arrivata terza al festival di Sanremo del 1992, Paolo Vallesi (nella foto) e il coautore Beppe Dati contrappongono ad un «amore inconsolabile», ad una casa che diventa il «posto più invivibile» e persino alla sofferenza e all’angoscia «in fondo agli ospedali della nuova malattia» (quelli oncologici) e a tutte circostanze che «lo scintillio di questo mondo pazzo e inutile» non prevede nella sua folle corsa alla perfezione,

una forza inarrestabile, «una volontà che questa morte sfida: è la nostra dignità, la forza della vita»

(nel 1992 non c’era da temere nell’associare la dignità al desiderio di vivere).

Più ascoltavo questa canzone più pensavo a quanto si addicesse al caso di Alfie e, in generale, alle battaglie di tutte le associazioni pro life in difesa del principio fondamentale per cui la vita è considerata il bene più prezioso, a guardia del quale Dio (o la Natura) hanno posto l’istinto di sopravvivenza e la capacità di adattamento. Un principio banale, che istintivamente è in ciascuno di noi, che riconosciamo come ovvio anche nelle parole di questa canzone, ma che oggi pare completamente sotterrato «dentro alle prigioni della nostra ipocrisia».

I genitori di Alfie incarnano proprio questo: la forza della vita, definita «la forza più testarda che c’è in noi, che sogna e non si arrende mai... la volontà più fragile e infinita... che afferra le tue dita... ti trascinerà con sé... non si chiede mai cos’è l’eternità anche se c’è chi la offende o chi le vende l’aldilà».

E quanti ce ne sono che la offendono o provano a venderle l’aldilà (e ci stanno riuscendo abbastanza bene)!

Ma il testo non è solo l’elogio ad una seppur insistente e positiva forza interiore. Le parole chiave, che contestualizzano questa positività nella realtà umana e nella battaglia in favore della vita sono indirizzate ad una persona: «credi c’è una forza in noi amore mio... amore non lo sai, vedrai una via d’uscita c’è», con un unico obiettivo: «Non lasciarti andare mai, non lasciarmi senza te».

L’ultima strofa affida poi la persona cara a questa innata forza che «è dentro di noi, amore mio, prima o poi la sentirai, la forza della vita che ti trascinerà con sé, che sussurra intenerita: guarda ancora quanta vita c’è!»

Non solo un inno alla vita quindi, ma anche una denuncia di una deriva culturale che crea le condizioni per affievolire, in chi versa in una condizione di sofferenza, quella voce, quella forza che «lotta tutti i giorni insieme a noi finché non finirà».

Un esempio, anche, del modo con cui chiunque dovrebbe approcciare un sofferente: con un costante conforto per combattere la depressione e il conseguente pensiero di terminare la propria esistenza, qualunque sia la circostanza difficile da cui tale pensiero scaturisce, nessuna esclusa, «anche quando la speranza oramai non basterà».

La forza della vita c’era in Eluana, che non poteva esprimerla; ce l’aveva Welby, ma non voleva ammetterlo; c’era anche in DJ Fabo ed era evidente in chiunque abbia visto una delle sue ultime interviste rilasciate a Le Iene, in cui le labbra chiedevano morte ma il cuore urlava un disperato bisogno di supporto fisico e psicologico.

E c’era forte ed evidente in Alfie e nei suoi genitori, ma chi poteva aiutarla non ha voluto farlo.

Questo paradigma si applica non solo all’eutanasia, attiva o passiva, ma anche ad altri contesti, come l’aborto, con tutte le sue contraddizioni emotive ed etiche, o a temi non legati direttamente alla morte fisica, come le dissoluzioni familiari. Tutto confluisce in questa canzone. Perché tutto è vita.

Poche ore dopo aver ascoltato questo brano, i medici staccarono il ventilatore al piccolo Alfie. Sarebbe dovuto vivere 10 minuti ancora, ma quella «testarda forza che c’è in noi»  lo ha aiutato a combattere per altri 3 giorni. Tre lunghi brevissimi giorni in cui quella piccola e “futile” vita, con la sua forza, ha cambiato, speriamo, il punto di vista di tanti.

Beh, allora forse poi tanto “futile” non si è rivelata…

Giuseppe Fortuna


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