19/09/2017

Suicidio assistito, libertà e ... coerenza

Il quotidiano La Verità ha ospitato un interessante dibattito pro e contro l’eutanasia e suicidio assistito cui hanno partecipato il dott. Renzo Puccetti e il dott. Bruno Tinti.

Estrapoliamo dall’articolo scritto da Puccetti alcuni spunti di riflessione che siamo certi i nostri Lettori troveranno molto interessanti.

Una delle più comuni pretese del partito pro suicidio assistito è quella di rivendicare la “libertà” di morire: «Non penserei mai di obbligarti a commettere un suicidio ma mi rifiuto di riconoscerti il diritto di obbligare me a non commetterlo», e poi si conclude dicendo che «il suicidio assistito non lede nessuno tranne il poveretto che non ne può più» .

Questa l’acuta considerazione di Puccetti: «Ma il suicidio assistito, quando legalizzato, non lede direttamente solo la persona che lo commette e lo subisce, ma tocca ogni uomo in quanto attuale o potenziale sofferente dicendogli: “Vi sono persone che nelle tue stesse condizioni decidono di farla finita, se anche tu la pensi così, la comunità non si oppone”.

Davvero si pensa che un tale messaggio sia del tutto asettico e non modifichi l’ambiente etico influenzando le scelte? in Svizzera in solo 14 anni i suicidi assistiti sono passati da meno di 2 a 10 ogni 100.000. In Olanda il numero di eutanasie era 1.626 nel 2003 ed è salito progressivamente fino ad arrivare a 6.091 nel 2016 (141 persone affette da demenza, 60 da patologie psichiatriche). In Belgio dai 235 casi del primo anno di piena applicazione della legge, si è raggiunta la cifra di 2.024 eutanasie nel 2016. (...)

La legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito rende il continuare a vivere  solo una possibilità, una possibilità da giustificare a se stessi e alla società».

La morte dilaga, come abbiamo visto in tutti i luoghi dove è stata legalizzata l’eutanasia, per ché la morte diventa un “bene” e  per «un insopprimibile principio di coerenza che parte dal combinato che la sofferenza è un’istanza soggettiva, non giudicabile dall’esterno,  tutti devono potere accedere ai servizi eutanasici a prescindere dalla patologia, dalla capacità o meno di esprimere il consenso, dall’età».

Ma i libertari paladini del “diritto” al suicidio assistito, poi si mostrano davvero incoerenti quando non si tratta più di disponibilità della vita umana, ma si disponibilità delle cose materiali.  Scrive Puccetti:«I maggiori sostenitori del diritto di totale proprietà e distruzione della propria persona (nel regno dei fini del laico Kant la persona non ammette equivalenti e dunque possiede una dignità) sono anche i più ferventi sostenitori politici della limitazione dei diritti da parte dello Stato su ciò che è una proprietà dell’individuo, è sostituibile e dunque ha un valore (ma non dignità).

Pensiamo alla limitazione della libertà di disposizione successoria costituita dalla quota di legittima (con la sola eccezione dei casi di indegnità ex art. 463 del c.c.), alla limitazione dello ius edificandi, alla sovratassazione indiretta delle quote di risparmio sopravvissute alla tassazione diretta».

Per non parlare delle grandi limitazioni alla libertà individuale che essi caldeggiano e sottoscrivono quando per esempio si tratta di contratto di lavoro. Anzi: il diritto alle ferie e alla retribuzione è (giustamente) un diritto irrinunciabile da parte del lavoratore. Ma anche su questo  i libertari non hanno nulla da eccepire.

«Inoltre i libertari sostengono che il suicida assistito non fa male a nessuno, ma se ne scordano quando si tratta di esprimere un giudizio sull’aborto, dove la scienza ha dimostrato che il concepito non è una parte del corpo della donna»: dato che con l’aborto si fa male a qualcuno, costoro dovrebbero essere tutti ferventi anti – abortisti...

Redazione

Fonte: Libertà&Persona


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