01/04/2019

Lesbiche vs trans: quella natura che si vorrebbe far rientrare dalla finestra

Della insofferenza che caratterizza il rapporto tra la galassia femminile (in particolare lesbiche e femministe) e quella transgender, abbiamo già parlato in varie occasioni. Abbiamo avuto modo di notare, a riguardo, quanto le donne si sentano minacciate dalle nuove politiche “gender inclusive” che ammettono sempre più facilmente i maschi negli spazi riservati al gentil sesso (spazi sia fisici, come i bagni pubblici, sia giuridici, come i nuovi “diritti di genere”).

Qui riportiamo il caso interessante di Julia Beck, attivista lesbica, che ha dichiarato a Tucker Carlson di Fox News che «tutte le donne e le ragazze condividono una realtà biologica» che gli uomini non possono mai condividere, indipendentemente dall’intervento che potrebbero subire. Sembra quasi di leggere la nostra Silvana De Mari: «Il sesso esiste. È determinato dai cromosomi, inciso in ogni nostra cellula. Purtroppo non è possibile passare da un sesso all’altro. Quello che è possibile è castrare un essere umano (la perdita delle gonadi determinerà un crollo degli ormoni sessuali), bombardarlo con gli ormoni dell’altro sesso, con un notevole quantitativo di effetti collaterali, e sottoporlo a lunghissimi interventi di chirurgia estetica, che diano ai genitali l’aspetto dell’altro sesso, e che a loro volta sono gravati da pesanti effetti collaterali» (Notizie Pro Vita, n. 72, Marzo 2019, p. 8).

Invece no, chi parla è proprio un’attivista lesbica che usa argomenti presi in prestito dal più tradizionale realismo filosofico; argomenti, per intenderci, che troviamo nelle opere di Aristotele e San Tommaso d’Aquino. Il discorso comincia a scricchiolare quando la Beck dichiara che l’acronimo Lgbt (che sta per Lesbian, Gay, Bisexual e Transgender) in realtà non dovrebbe includere i transgender. Lo fa con una sferzata di legge naturale accomodata per l’occasione: «Le L, G e B sono basate sulla sessualità; sono basate sul sesso, realtà biologiche. Ma la T è basata sull’identità di genere, che non è basata sulla realtà biologica. In realtà, direi che è contraria alla realtà biologica».

Su queste ultime osservazioni, niente da eccepire. È la prima parte che traballa, e ora vediamo perché. Prima però domandiamoci: qual è stata la ragione di questa polemica? «Sono stata giudicata colpevole di “;violenza”», ha detto la Beck. «Il mio crimine? Usare pronomi maschili per parlare di uno stupratore maschio condannato che si identifica come transgender e preferisce i pronomi femminili». A causa di questa sua posizione, Julia Beck è stata espulsa dalla Lgbtq Mayor’s Commission di Baltimora, in quanto, evidentemente, intollerante.

Ora, il ragionamento portato avanti dalla Beck in merito alla “;T” dell’acronimo non fa una piega. Ciò che fa sorridere è il candore con cui lei e tutte le femministe che cominciano ad aprire gli occhi sulla teoria del gender, fanno appello al dato di realtà, a quella biologia e a quella natura “;oggettive”, che dovrebbero fondare l’auspicata regolazione dell’affaire trans. Una cosa vorremmo capire: in base a quale principio la natura umana va riconosciuta e “;obbedita” dai transessuali, mentre può essere tranquillamente ignorata e disattesa dagli omosessuali? Eh già, perché il problema sta nel giudizio su L, G e B che, a dispetto di quanto riferito sopra, non sono «basate sulla sessualità», dal momento che la sessualità non è né L, né G, né B, né T, né X-Y-Z. Se vogliamo individuare la sessualità nell’alfabeto, l’unica lettera da assegnarle è la N di “;naturale”.

Vincenzo Gubitosi

Fonte: LifeSiteNews

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