11/01/2014

L’uccisione di pazienti affetti da sclerosi multipla per espiantare gli organi sarà presto realtà?

Dagli Stati Uniti arriva un rapporto estremamente scioccante dello Huffington Post, che racconta di una donna del Michigan, malata terminale, che ha deciso di scegliere il suicidio assistito per donare i propri organi.

Abbiamo già parlato di espianto in massa di organi in Belgio, associate all’eutanasia: pare che si tratti ormai di una pratica accettata come normale.

Sherri Muzher ha la sclerosi multipla. L’articolo dice che la malattia è allo stadio terminale. Tuttavia, come osserva il sito Multiple Sclerosis Australia, generalmente è molto difficile prevedere il decorso della malattia: esso varia molto da individuo a individuo, e tuttavia la maggior parte delle persone affette da sclerosi multipla può sperare nel 95% dei casi in una normale aspettativa di vita.

Muzher ha dichiarato alla Fox News: “Dare la vita sarebbe una bella eredità da lasciare…dovremmo essere in grado di prendere la decisione noi stessi e, se quell’effetto collaterale significa poter aiutare gli altri, perché la gente dovrebbe farsene un problema?”.

Il suicidio assistito rimane illegale in Massachussets. L’ultimo tentativo di legalizzare la pratica attraverso un referendum chiesto da cittadini è fallito a novembre dello scorso anno (2012, n.d.r.). Ma il caso in esame suggerisce allo scrivente che un’altra spinta verso la legalizzazione potrebbe essere in preparazione attraverso mezzi legislativi, come è avvenuto in Vermont.

Se da una parte non voglio in alcun modo sminuire le difficoltà che Sherri Muzher si trova ad affrontare, non posso fare a meno di fare questa domanda: la sua offerta di donazione degli organi è mirata ad ottenere qualcosa di più della simpatia per il suo desiderio di morire?

Il reportage dello Huffington Post include una lunga intervista video con persone favorevoli e contrarie al problema, e comprende inoltre un’osservazione da parte dell’esperto di etica medica Dr. Michael Stellini:

Se aspettiamo troppo a lungo non potrebbe donare gli organi. […] Se lo facciamo troppo presto [la paziente] non è terminale, e ciò dà origine a tutto un ventaglio di problemi etici. Se consentiamo il suicidio assistito da medici, dobbiamo aprire una “finestra” per determinare che cosa sia lo stato ‘terminale’ e la fine dell’usabilità degli organi; ecco quando potremmo fare quello che lei propone”.  Questo fa eco, in molti modi, alle raggelanti osservazioni dell’eticista australiano:

Perché i chirurghi dovrebbero aspettare fino al momento in cui il paziente muore per la rimozione dei supporti vitali avanzati, o persino nella semplice vita che prolunga le cure mediche? Un’alternativa potrebbe essere di anestetizzare il paziente ed espiantare gli organi, cuore e polmoni completi. La morte cerebrale sopraggiungerebbe a seguito dell’espianto del cuore (chiamiamola EDO, Eutanasia per Donazione Organi). Ci sarebbe una maggiore possibilità che gli organi siano adatti [al trapianto], visto che non hanno subito un periodo di ridotta circolazione prima del prelievo. Più organi sarebbero disponibili (per esempio cuore e polmoni, che attualmente sono raramente disponibili nel contesto della DCD – [Donation after cardiac death, Donazione dopo morte cardiaca N.d.T,]. Pazienti e famiglie sarebbero rassicurati dal fatto che gli organi del loro congiunto possono aiutare altre persone finché ci sono riceventi a disposizione e nessuna controindicazione al trapianto”.

Quindi, se prendiamo per buono questo ragionamento puramente utilitaristico che dice: “Tanto la paziente vuole morire, quindi perché non servirsi dei suoi organi?” stiamo seriamente mettendo in discussione la comune saggezza che dice che il suicidio non è mai una risposta razionale alle circostanze difficili. Se invece lo facciamo, tutto quel che ci rimane è determinare in cosa consistano queste “circostanze difficili”.

Sarebbe sufficiente l’argomento dell’essere “stanchi di vivere”? E se Sherri Muzher non fosse affatto malata?

Accetteremmo una relazione causale tra il suicidio e la donazione di organi, con l’implicazione che l’autodistruzione è un bene?

Inoltre, persino nei termini delle leggi sul suicidio assistito esistenti in Oregon, Washington e Vermont ci sarebbe un cambiamento radicale posto al di là della legge. Come Savalescu riporta, non sarebbe più “suicidio assistito” (dove il dottore prescrive la dose letale), ma sarebbe qualcosa di molto più vicino all’eutanasia, se non un esatto equivalente di essa. Potrebbe accadere per necessità in un teatro operatorio provvisto di strutture per l’esecuzione di trapianti d’organi. Potrebbe persino succedere che il ricevente, o i riceventi di detti organi vengano preparati all’impianto in una stanza adiacente.

Questi scenari non solo trasformano il dottore in un killer, ma fanno anche diventare l’equipe medica un accessorio.

Follia!

 

Traduzione a cura di Gian Spagnoletti

Leggi l’articolo originale in lingua inglese sul portale web di LifeNews.

 

 

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