23/02/2019

No a legalizzare la prostituzione. Due paroline a chi pensa di risolvere così

Una proposta di legge su quello che purtroppo è ritenuto il “mestiere più antico del mondo” è stata avanzata nel Consiglio Regionale del Veneto, dal consigliere Antonio Guadagnini (Siamo Veneto). Un Ddl che sarebbe finalizzato a “regolamentare” la prostituzione creando veri e propri ‘albi’ di iscrizione, registrati nei Comuni, con i nomi di chi la pratica, con  l’obbligo di aprire una partita Iva, di emettere fattura e di pagare le spese sanitarie, previdenziali e fiscali.

Il progetto di legge prevede anche l’abrogazione dei primi due articoli della legge Merlin, autorizzando la prostituzione nelle abitazioni private e vietandola nei luoghi pubblici. A quanto pare, Guadagnini fa sul serio e va di fretta: come riferisce Il Gazzettino il Ddl è già arrivato all’attenzione della commissione sanità del Consiglio, a Palazzo Ferro Fini e pare che una delle urgenze che sembra aver mosso il consigliere regionale del Veneto sia, scandalosamente e banalmente al tempo stesso, il ritorno in termini economici per le casse dello Stato. Come afferma il Consigliere: «Il giro d’ affari è stimato in 25 miliardi di euro, con 9 milioni di clienti l’anno. Solo in Veneto il giro d’affari potrebbe essere attorno ai 3 miliardi. Se questi 25 miliardi venissero fatturati ci sarebbero introiti miliardari per lo Stato».

Uno degli aspetti più inquietante della questione (ce ne sarebbero così tanti da poter versare fiumi di inchiostro) è quello di trasformare ipocritamente, agli occhi dell’opinione pubblica, quelle che sono delle vere e proprie schiave, in “lavoratrici”. Una balla colossale che è già stata smontata in modo preciso e puntuale da Julie Bindel, autrice di Spectator, un documentario che, con la realtà dei fatti, smonta l’ipocrita e falso mito delle prostitute “lavoratrici felici”. La Bindel ha raccolto moltissime informazioni entrando nei bordelli di quasi tutto il mondo per tre anni: ha condotto ben 250 interviste in 40 Paesi e intervistato 50 ex prostitute. La maggior parte di loro ha descritto la violenza, l’uso di alcool e droghe che fanno da “leitmotiv” alla prostituzione. Ma la questione più grave, emersa durante la sua indagine è che a volere la liberalizzazione di un commercio così abietto, sono proprio coloro che ne traggono guadagno e beneficio: in particolare clienti e magnacci.

Tant’è che uno degli aspetti, più controversi di questa proposta di legge, guarda caso, prevede proprio l’obbligo, da parte delle “lavoratrici” di mantenere la totale riservatezza sull’identità dei clienti. Per non parlare poi degli scenari inquietanti che potrebbero aprirsi in un prossimo futuro se la legge passasse anche a livello nazionale (ricordiamo che la Lega ha chiesto legalizzazione della prostituzione con un Ddl presentato a Palazzo Madama lo scorso 7 febbraio dal senatore Gianfranco Rufa): potrebbe anche accadere che intere famiglie spinte dalla crisi economica e dal dramma della disoccupazione decidano, per disperazione, di aprire quella che, a questo punto, sarebbe considerata una vera e propria “attività” e non è fantascienza: sempre Spectator presenta il caso di  un villaggio indiano visitato da Bindel, basato interamente sulla prostituzione e dove ha potuto parlare con un uomo che viveva grazie ai profitti ricavati vendendo il corpo della figlia, della sorella e della zia. Tutto questo potrebbe accadere anche nella nostra Italia e per di più con il placet dello Stato che non solo non interverrebbe più per difendere le donne da una sorte così terribile, ma risulterebbe, paradossalmente, anche tra gli speculatori principali di questo aberrante commercio.

Che non accada di trasformarci, un giorno, in una società talmente ipocrita e disumana da accontentarci di cambiare il nome a una vera e propria forma di schiavitù per mettere a tacere la nostra coscienza, inventandoci la balla delle prostitute “lavoratrici felici” per sentirci meno in colpa.

Manuela Antonacci

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