19/09/2018

Stranieri: dignità di tutti, solidarietà per tutti (ma proprio tutti)

La somma dignità dell’essere umano va riconosciuta sempre e a tutti, senza ingiuste discriminazioni.

Questa è una legge di natura fondamentale, che si rispecchia anche negli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione, ma che sostanzialmente viene calpestata di continuo davanti ai nostri occhi sempre più indifferenti, sempre più accecati dalla propaganda ideologica del pensiero unico.

Non si riconosce la dignità di essere umano ai bambini allo stato embrionale che vengono assemblati, surgelati, e selezionati nei laboratori delle cliniche per la fertilità. Non viene riconosciuta la dignità di essere umano al bambino nel grembo materno che viene abortito, anche ben oltre i tre mesi di gestazione che molti credono sia un termine invalicabile. Non viene riconosciuta la dignità di essere umano al bambino comprato e venduto all’ignobile mercato dell’utero in affitto. Non viene riconosciuta la dignità di essere umano ai bambini vittime dell’aborto eugenetico e agli anziani e ai disabili spinti sempre più verso il suicidio dalla mentalità eutanasica che si va diffondendo. Non viene riconosciuta a tutte quelle persone (oggi in buona parte immigrati) che vengono sfruttate e ingannate dai trafficanti di esseri umani che si mascherano da imprenditori (e pagano i braccianti 20 euro per una giornata di lavoro sotto il sole) o da associazioni umanitarie (come i recenti scandali a proposito delle Ong che “aiutano” i migranti hanno messo in luce).

Pro Vita in diverse occasioni ha potuto aiutare mamme e famiglie in difficoltà: in molti casi si è trattato di persone straniere (per esempio Elena, una rumena, ci ringrazia ancora per il bambino che è nato – e sta bene – anche grazie a noi).

Quando ci troviamo di fronte a una persona in difficoltà, se crediamo davvero nella legge naturale che ci dice che tutti gli esseri umani hanno pari dignità, la nostra solidarietà si esprime (si deve esprimere) nei confronti di tutti davvero: grandi e piccoli, sani e malati, italiani e stranieri. Una mamma Rom, cui abbiamo fornito articoli per l’infanzia di cui aveva bisogno, ha suscitato commenti del tipo: «Ma gli zingari rubano! E sono ricchissimi!». Vero. Ma è anche vero che quella donna aveva un reale bisogno in quel momento: “Chi siamo noi per giudicare?”, direbbe qualcuno.

Fatima – una giovane senegalese che finora ha vissuto vendendo parei sulla spiaggia ed è terrorizzata all’idea che ora finisca la stagione estiva: «Cosa mi faranno fare?» – si è lasciata un poco andare e ci ha raccontato qualcosa. Tra detto e non detto abbiamo capito che è nelle mani di chi le ha prestato il denaro per il viaggio e pretende la restituzione della somma con gli interessi: deve riportare un tot al giorno, altrimenti finisce sul marciapiede. Abbiamo provato a farle capire che può chiedere aiuto alle forze dell’ordine, ai servizi sociali e anche al volontariato. Ma lei non può scappare perché i suoi fratelli minori sono nelle mani di questa organizzazione: e che fine faranno? Le abbiamo lasciato un recapito telefonico. Ma non ci ha chiamato finora e verosimilmente non ci chiamerà più.
Quanti come Fatima e i suoi fratelli sono vittime – senza dignità – del vergognoso commercio di esseri umani che avviene da anni all’intorno dei centri di accoglienza? «Se lo sapevo non partivamo... non partivamo tutti e tre». E perché nessuno li ha fermati?

Le persone, le associazioni, il volontariato, possono (e devono) aiutare le persone, nei limiti del loro buon cuore e delle loro concrete possibilità. Ma il problema va affrontato dalle Istituzioni (non solo nazionali, in teoria: ma in pratica pare che quelle europee siano in grado solo di chiacchierare). Lo Stato ha il potere di impedire che Fatima finisca sul marciapiede. Così come dovrebbe impedire che i bambini vengano comprati con l’utero in affitto, o abortiti, o surgelati quando sono embrioni.

Perché la dignità degli esseri umani è somma ed è propria di tutti, senza ingiuste discriminazioni.

Francesca Romana Poleggi

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