15/08/2014

Aborto, cancro, libertà

Il Premio Nobel per la Chimica 1986, John Polanyi, osservava che al centro della scienza si trova la scoperta. E spesso una scoperta implica un cambiamento nella visione del mondo. Quindi la scienza può progredire , con le sue scoperte, solo in società libere, dove i cittadini sono liberi di perseguire la verità, di percorrere le vie diverse che alla verità conducono e di cambiare le loro idee e convinzioni una volta che la verità trovata glielo richieda.

Le nostre moderne società che si definiscono liberali e democratiche sono strutturate in modo esattamente contrario: certe verità sono precostituite ideologicamente e sono quindi immutabili, a discapito della libertà di pensiero, ma anche a discapito della libertà della ricerca scientifica. Un esempio lampante di quanto ciò sia vero è la negazione del legame ABC  (Abortion Breast Cancer) da parte della comunità scienifica statunitense. Basandosi su un unica ricerca condotta da Louise Brinton per l’US National Cancer Institute, vengono respinte le tesi e gli studi di scienziati provenienti da tutto il resto del mondo, che in modo sempre più stringente dimostrano la presenza del legame ABC. Ne abbiamo già parlato.  Ma riteniamo di tornarci su, su ispirazione di un pezzo pubblicato da National Right to Life News.

In esso ci viene spiegato in modo chiaro e divulgativo che quando una donna rimane incinta il livello di estrogeni nel suo corpo  aumenta di 2 .000 volte. L’effetto immediato è un rigonfiamento del tessuto mammario, grazie a un aumento di cellule immature, indifferenziate,  di quelle che sono “predisposte” a degenerare in cellule tumorali. Nella seconda parte del secondo trimestre e per il resto della gravidanza, il sistema comincia a organizzare la produzione di latte: le cellule suddette maturano, e per l’85% diventano “cancro – resistenti”. Con l’allattamento al seno e con le gravidanze successive, le cellule del tessuto mammario diventano cancro – resistenti al 100%. Questo processo è stato dimostrato non solo negli umani, ma anche in altri mammiferi evoluti. I dati dimostrano, inoltre, che le donne che soffrono nel primo trimestre un aborto spontaneo non hanno alcun aumento del rischio di cancro al seno, perché i loro livelli ormonali non sono aumentati sufficientemente (e infatti hanno perduto il bambino). Un epidemiologo danese, Mads Melbye, aveva, inoltre,  scoperto un aumento del rischio di tumore tanto maggiore quanto più tardivo è l’aborto: ogni settimana dopo la settima, il rischio di cancro aumenta del 3%.

Lo stesso Melbye, però, poi ha rinnegato la validità delle statistiche che aveva elaborato. Egli, come gli Americani fedelissimi alla Brinton, nega il link ABC. Di conseguenza vengono negate energie intellettuali ed economiche agli studi e alla ricerca in tale direzione, per una precisa scelta politica e ideologica. Normalmente sostengono  che le statistiche sono falsate perché le donne che contraggono il tumore sono più propense a ricordare se hanno avuto un aborto volontario, di quelle donne che non hanno mai sviluppato il tumore (è che tendono a voler “rimuovere” il ricordo dell’aborto – guarda caso). Da tutto il mondo, invece, si registrano almeno 70 studi e due meta analisi pubblicati su riviste scientifiche accreditate e che dimostrano il link ABC (come abbiamo già detto, per esempio qui ).

Ritornando alle affermazioni di John Polanyi con cui abbiamo esordito: qui non si tratta solo – ma di per sè non sarebbe poco! – di tutelare la salute delle donne e di addurre un argomento valido per combattere la legalizzazione dell’aborto: qui entra in gioco la libertà della ricerca e del progresso scientifico. Questa è la fine della libertà di pensiero.
FRP

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