10/04/2013

Elvira Parravicini, la neonatologa che ha inventato la “comfort care” per neonati terminali

La dott.ssa Elvira Parravicini, neonatologa e Assistente di clinica pediatrica alla Columbia University di New York, si è specializzata in Pediatria e Neonatologia all’Università di Milano.
Nel 1994 si è trasferita a New York e dal 1998  lavora al Columbia University Medical Center.
E’ fondatrice del primo neonatal hospice, un reparto ospedaliero concepito con lo scopo di curare i bambini che nascono già terminali, in quanto affetti da sindromi non compatibili con la sopravvivenza, dove viene praticata la comfort care, un’attività medica che dà dignità alla vita di un bambino appena nato, permettendo che sia curato ed amato in tutti gli istanti della sua molto breve vita.
Dott.ssa Parravicini, cosa significa per lei essere medico? Perchè fa la neonatologa?
Dott.ssa Parravicini: “Mi ha sempre stupito la promessa di felicità che si prova quando nasce un bambino in sala parto. Tutti sono entusiasti e lui non sa fare niente, non è intelligente, ha bisogno di tutto ... Ma perché?
Tutti sono entusiasti e ‘presi’ da questa nuova presenza perché lì c’è una promessa di compimento e di felicità.
Allora, come medico, ho sempre voluto collaborare a realizzare questa promessa di felicità, prendendomi cura di neonati malati.”

Cos’è la “comfort care”?
Dott,ssa Parravicini:  “È una terapia medica e infermieristica che si prende cura di bimbi con una vita molto breve. È perciò impostata sul dare conforto a questi bimbi, così che la loro vita, anche cortissima, sia serena e piena di amore. Cerchiamo di garantire delle condizioni di conforto al bimbo, lo lasciamo in braccio ai genitori, così che si senta amato e rimanga al caldo, gli diamo da mangiare o garantiamo un minimo di idratazione, così che non soffra fame o sete. E poi trattiamo il dolore.”

Quando ha iniziato ad applicare la “comfort care”?
Dott.ssa Parravicini: “Nel 2006 ho avuto i primi 2 casi: ho incontrato le mamme di due  bambini destinati a morire poco tempo dopo la nascita e mi sono chiesta: “Questi bimbi sono così preziosi per i loro genitori, come posso aiutarli da un punto di vista medico?”
E mi sono resa conto che si possono fare tantissime cose per aiutarli. Non è proprio vero quello che alcuni dicono, che ‘non c’è più niente da fare’! Al contrario c’è molto, moltissimo da fare, da  inventare: basta essere attenti ai loro bisogni personalissimi!”

Per quali bimbi viene usata la “comfort care”?
Dott.ssa Parravicini: “Sono bimbi diagnosticati con malattie cosiddette ‘life-limiting’, cioè per cui la medicina non può fornire guarigione o prolungare la vita. Ci son anche bimbi trattati per lungo tempo in terapia intensiva, che magari hanno subito delle operazioni e che diventano terminali. Ancora, la medicina NON può guarirli, ma possiamo fare tantissime cose per rendere la loro breve vita piacevole e piena di amore.”

Qualcuno parla di accanimento terapeutico...
Dott.ssa Parravicini: “No, assolutamente, noi sosteniamo una vita che è data e la seguiamo finché c’è. Quando il bambino ci dà  segni che viene la fine, rispettiamo questi segni, seguiamo il lavoro di un Altro, quell’Altro che ha voluto che questo bimbo vivesse, anche per pochi minuti.”

Su cosa è centrata la diagnosi prenatale oggi, a suo parere?
Dott.ssa Parravicini: “Purtroppo è centrata sulla identificazione di problemi nel feto per ‘evitare’ che nasca, ma questo è proprio contrario alla ragione per cui la medicina è nata, che è:  aiutare chi chiede aiuto.”

Qual è il suo approccio ai genitori nel comunicare loro la diagnosi del figlio?
“Dott.ssa Parravicini: Mi propongo come un medico che vuole aiutare  il loro bambino ad avere la più bella vita possibile.
I genitori capiscono che io voglio bene al loro bimbo e non possono essere di meno, anzi!”

Come considera l’aborto?
Dott.ssa Parravicini: “Per me non esiste, non è una pratica ‘medica’ che io considero.”

Ci sono donne intenzionate ad abortire che alla proposta della “comfort care” cambiano idea?
Dott.ssa Parravicini: “Il desiderio più profondo del cuore di una donna è di amare il proprio figlio.
A volte  però ci sono situazioni difficili, difficilissime, di povertà, abuso, ecc. e allora mi trovo a tentare di sostenere questo desiderio. Molte volte queste donne mi seguono, a volte no.
È un mistero, come è un mistero che questi bimbi nascano per vivere per un così breve tempo.
Ogni vita, breve o lunga che sia, è vita; è data ed in quanto tale va rispettata.

di Anna Fusina

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