03/04/2013

Quando la scienza torna nelle caverne

L’uomo sarà pure uscito dalle caverne, ma alcuni scienziati pare proprio di no. Il mondo delle provette ha i suoi laboratori ormai ai confini della realtà e l’intervista che il prof. George Church della “Harvard Medical School”ha rilasciato qualche giorno fa al settimanale tedesco Der Spiegel ce ne dà conferma.

Il dottor Church – non uno qualsiasi nel mondo della genetica ma uno dei capofila dell’Human Genome Project, progetto che ha mappato il nostro Dna – ha estratto il Dna dell’uomo di Neanderthal dai resti fossili delle sue ossa. Il suo intento è quello di clonare questo poveraccio che tolse il disturbo circa 30-40mila anni fa e farlo rivivere ai giorni nostri. Un po’ come ipotizzò Steven Spielberg nel famoso film Jurassic Park. Ma lì si trattava di dinosauri, oltre che di una finzione cinematografica.

Il procedimento è da piccolo (e infernale) chimico. Si prende il Dna di questo scimmione-umanoide e lo si inietta in un embrione umano nei suoi primissimi stadi di sviluppo o in alternativa in un ovocita umano. In tal modo il dottor Church-stein spera che l’accrescimento cellulare segua la linea genetica dell’uomo di Neanderthal e non quella dell’Homo sapiens sapiens, cioè la nostra.

«Adesso mi serve solo un’audace femmina umana» ha fatto sapere, con un’espressione infelice, il nostro dottore al Daily Mail. Quindi, dalle colonne non di una rivista scientifica – chi se la legge? – ma dalle pagine di un seguitissimo quotidiano inglese lancia la proposta di un casting alla Frankenstein per trovare la futura mamma del primo uomo di Neanderthal dell’età moderna. D’ora in poi i figli non saranno più solo “piezz’ ‘e core” ma anche “piezz’ ‘e mostri”. Speriamo che la madre non nutra troppe aspettative sul pargolo.

Il dottore non accetta le critiche piovute dall’intero mondo scientifico ed assicura che i benefici del suo esperimento si vedranno eccome. A suo dire si apriranno le porte per curare il cancro, l’Aids e per allungare la vita. Viene da chiedersi allora perché questa specie così prodigiosa ad un certo punto si sia estinta.

Il prof. Church inoltre afferma che l’ibrido che così nascerà non sarà “infettato” dal patrimonio genetico di una specie inferiore alla nostra, dato che gli uomini di  Neanderthal «avevano il cranio più grande del nostro, quindi potrebbero essere più intelligenti di noi». Ma se erano più intelligenti di noi perché vivevano nelle caverne? Vuoi vedere che lo facevano per un preistorico snobismo? E poi c’è un’altra cosa che non ci torna: gli elefanti hanno un cervello molto più grande del nostro eppure nessuno di loro ha mai dipinto una Cappella Sistina qualsiasi. Come mai?

Come era sperabile molti scienziati hanno fatto sapere che l’idea di Church è folle perché in primo luogo illegale in Gran Bretagna, poi è assai costosa, eticamente non condivisibile e difficilmente praticabile. Anche nel caso – più teorico che reale – che l’esperimento riuscisse, l’essere che verrà alla luce avrà vita brevissima perché affetto da gravi malformazioni e tare mentali.

E poi cui prodest? Cura del cancro e Aids appaiono solo fanfaluche da fantascienza. Insomma tutto fa pensare che il motivo che ha spinto il dott. Church a giocare con le provette è – come cantava Jannacci – «per vedere di nascosto l’effetto che fa». In fin dei conti la trovata è solo frutto di insana curiosità e delirio di onnipotenza. Qui – è proprio il caso di dirlo – si scimmiotta la vera scienza.

Il progetto di Church – che con il passare dei giorni appare più come una sparata pubblicitaria – solleva infine qualche problemino di carattere etico: il papà dell’uomo di Neanderthal gioca a fare Dio,  svilisce la dignità umana, vorrebbe usare il corpo di una donna come un’incubatrice di un alieno venuto dal passato remoto, intende l’uomo solo come conglomerato di cellule privo di anima, come un peperone da alterare geneticamente, e pensa che tutto ciò che è possibile è anche eticamente lecito (a quando la clonazione di Gesù utilizzando il sangue della Sindone? Speriamo che non ci legga Dan Brown). Inoltre l’esperimento vuole generare mostri, da qui il paradosso: abortiamo bambini con il labbro leporino e poi facciamo nascere esseri para-umani? In soldoni a noi pare proprio che ci sia urgenza di clonare non i cavernicoli, ma il buon senso.

Avete ragione: questo è il solito cattolicume di noi baciapile. Allora proviamo a vederla da un altro punto di vista, quello del positivismo scientifico. Che rabbia per Darwin e i suoi nipotini: tanta fatica durata centinaia di migliaia di anni per emanciparci da caverne e clave ed ora arriva uno in camice bianco che vuole rimettere indietro le lancette dell’evoluzione e renderci involuti. Forse anche in giacca e cravatta, ma sempre con la faccia da primate.

Comunque, il dott. Church a ben vedere è riuscito nel suo intento: con la sua idea il professore è riuscito a smarcarsi dalla specie dell’Homo sapiens sapiens e ad assomigliare sempre più al suo amato uomo di Neanderthal. E senza nemmeno l’uso di vetrini e siringhe.

di Tommaso Scandroglio

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